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Finalmente si conclude questa prima tappa di questo lungo viaggio che è l’affascinante stesura di un haiku.

Buona lettura

Partiamo vedendo cosa succede al kigo (季語) al di fuori dei confini nazionali.

Fuori dal Giappone

Iniziato come una forma di poesia giapponese, ora l’haiku è diffuso e scritto in molte lingue ed ha persino una propria raccolta di kigo (in lingua inglese): Haiku World di William J. Higginson (1996) che contiene più di mille poesie, di oltre 600 poeti provenienti da 50 paesi. 

La scrittura è aumentata a dismisura con l’avvento di internet, dove si possono trovare persino haiku scritti in lingue morte, come il latino, e improbabili, come l’Esperanto e il Klingon. 

I poeti internazionali hanno adattato l’idea di kigo alle loro condizioni locali e alla loro cultura, di conseguenza molti fenomeni  che potrebbero essere utilizzati come kigo sono simili in gran parte del mondo, ma altri proprio no, per es. i tropici: le quattro stagioni non ci sono, ne hanno due, hanno infatti una stagione umida e monsonica e una stagione secca; oppure ancora la Tornado Alley, zona degli Stati Uniti resa famosa, come dice il suo stesso nome, caratterizzata dall’intensità e presenza di tornado, che ha quindi una sua stagione tornado (picco da fine inverno a metà estate, secondo la latitudine); senza trascurare le aree con un clima mediterraneo, come l’Australia occidentale, la California costiera, la Spagna e l’Italia, che hanno una stagione estiva del fuoco; d’altra parte nei Caraibi e nella costa orientale del Nord America, è la stagione degli uragani durante i mesi estivi e autunnali.

Tuttavia, tra le tante differenze, ci sono anche somiglianze: molte aree hanno festival del raccolto con falò.

Haiku senza kigo

Come scritto in precedenza, si è tentato di abbandonare il kigo, è infatti possibile scriverli e vengono definiti muki (ムキ), ovvero senza stagione. 

Nell’epoca pre-Meiji (prima del 1868),quasi tutti gli haiku contenevano un kigo, ad es. ne sono stati trovati solo una decina su circa 1000 nella categoria dei miscellanei, di Bashō; come la maggior parte dei poeti di allora, egli era principalmente un poeta di renku (cioè componeva versi collegati con altri poeti), quindi scriveva molte strofe per i versi interni, i quali non sottostavano all’obbligo della formalità di inserire il riferimento stagionale.

Lo stesso Masaoka Shiki, nonostante fosse un riformatore per certi aspetti riguardanti la scrittura di hokku e tanka, tra cui un ampliamento dell’argomento e vocabolario, incluse ancora il kigo nella sua revisione e nei suoi scritti gli esperti hanno classificato poche centinaia che si possano riferire alla categoria dei miscellanei, in mezzo alle migliaia che compose; anche il suo seguace Takahama Kyoshi (高浜 虚子, 1874-1959) enfatizzò il kigo.

Il “cambiamento” avvenne all’inizio del XX sec, quando sulla spinta di un’esigenza di riconoscimento, alcuni poeti giapponesi come Kawahigashi Hekigotō (河東 碧梧桐, 1873–1937), Ogiwara Seisensui (荻原 井泉水, 1884–1976), Yonejirō Noguchi (野口 米次郎, 1875–1947), Santōka Taneda (種田 山頭火, 1882–1940), Ozaki Hōsai (尾崎 放哉, 1885–1926), Nakatsuka Ippekirō (中塚 一碧楼, 1887-1946) e Ban’ya Natshuishi, si preoccuparono di alcune tradizioni dell’haiku, come l’inclusione del kigo; alcuni di questi si opposero attivamente, ma alla fine anche loro finirono per impiegarlo spesso.

Oggigiorno, la maggior parte degli haijin giapponesi e occidentali seguono ancora la tradizione includendo un kigo, pur con tutte le variabili e i limiti posti dalla propria lingua e molti gruppi di haiku e redattori di pubblicazioni al riguardo insistono sulla presenza del kigo. 

Per alcuni tradizionalisti, tutto ciò che non ha un kigo è qualcos’altro, senryū (川柳 haikai comici) o zappai (雑俳 haikai vari).

Fino a quando alcune raccolte di kigo moderne non hanno aggiunto la categoria miscellanea, nessun haiku privo di kigo vi era riportato; alcuni riformatori recenti hanno avanzato proposte come quella di utilizzare l’idea di parole chiave, che includerebbe perciò il kigo come sottoinsieme, ma è ancora al vaglio come proposta.

   

Ora, vediamo nello specifico una particolare situazione.

Situazione in Italia

In Italia, allo stato attuale, come figura di riferimento in campo haiku abbiamo varie fonti: la  più nota tra esse è l’Associazione Cascina Macondo (https://www.cascinamacondo.com/) la quale, nel suo manifesto sostiene come in un haiku non sia indispensabile la presenza di un kigo, purchè sia identificabile un riferimento a un preciso momento della giornata (piccolo kigo) e a un luogo concreto (kigo misuralis); nonostante non sia possibile, a rigore, considerare haiku un componimento che non racchiuda un riferimento diretto o indiretto, a una delle quattro stagioni dell’anno. 

Lo stesso discorso vale anche perciò che viene definito kigo temporis, ovvero il riferimento a un dato momento temporale, passato, presente o futuro.

Conclusione

Come dimostra la lunghezza di questo articolo, l’argomento è complesso e merita ulteriori approfondimenti, perciò vi lascio alla prossima puntata di questo lungo viaggio di scoperta.

Sisto Samantha

Info credits:

https://cuccagna575.wordpress.com/2017/06/15/kigo-che-cose/;

https://en.m.wikipedia.org/wiki/Kigo;

https://www.facebook.com/groups/123566157685961;

Libro di Luca Cenisi La Luna e il Cancello-saggio sullo Haiku

Photo credits:

https://www.goodreads.com/book/show/211570.Haiku_World;

https://dream.ai/create (immagini riferite all’articolo)

 

 

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