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Riprendiamo l’appuntamento con la parte “tecnica” di quest’arte affascinante.

Strumenti di lavoro (fili, telai)

Come ho accennato nell’introduzione, nella versione “moderna” del kumihimo, tutto ciò che può essere ridotto a dimensioni di “filo” può essere utilizzato come materia prima, tuttavia, a seconda del materiale di partenza dei fili, cambia notevolmente la dimensione del risultato e prodotto finale.
La fibra usata è preferibilmente naturale: cotone, canapa e seta, quest’ultima, ancora prevalentemente utilizzata per gli obijime di un certo valore, è appositamente preparata in questo modo: si parte dalla seta grezza che viene accuratamente pulita, divisa e misurata in un processo chiamato “itowari”, poi questa viene tinta e arrotolata in una fase della lavorazione chiamata “itokuri” intorno ad un primo telaio, denominato “kowaku”.
Dopo un periodo di “asciugatura del colore”, i fili vengono raggruppati e ritorti insieme in una fase nominata “yorikake”, infine, finalmente pronti, i fasci di fili vengono avvolti a “bobine appesantite”, le “tama”, legno appesantito con piombo per raggiungere 85 o 100g, che assicurano una tensione uniforme ai fili prescelti per l’esecuzione che in ultimo giungono al telaio.

Telai

Sicuramente, l’invenzione di Makiko Tada ha decisamente semplificato e reso accessibile persino ai bambini, il “lavoro”, (lo dimostrano anche la quantità infinita di tutorial reperibili sul web).
La sua invenzione, disco e piastra, “sostituiscono” 2 telai: marudai (telaio circolare) e takadai (telaio rettangolare), originariamente però è tutto di legno e piuttosto ingombrante, mentre nella versione “semplificata” basta muovere i fili da una tacca all’altra, ma vediamo in dettaglio.

Marudai (丸台)

Fondamentalmente si tratta di un cerchio di legno, sostenuto da 4 colonnine e un basamento, con un foro centrale chiamato “specchio”, dal quale fuoriesce l’intreccio finito, tenuto in tensione da un peso, generalmente un sacchetto di biglie che ha la funzione di essere il contrappeso delle tama.
Infatti fili e tama vengono disposti intorno al cerchio in numero pari (da 8 a 32, ma anche di più aumentando il diametro del cerchio), l’intreccio si forma muovendo fili e tama da una parte all’altra del cerchio, secondo uno schema predefinito, sopra lo “specchio”, importante che il punto di intreccio si mantenga in cima al foro.
Con questo telaio si possono realizzare kumihimo rotondi, quadrati o piatti la cui larghezza (o diametro) è determinata dal numero di fili, spessore e larghezza massima del foro.

Takadai (高台)

Molto più simile come aspetto ad un antico telaio di foggia occidentale o medio orientale, consente di “gestire” molti più tama, quindi fili fino ad arrivare ad oltre 100.
Contrariamente, però, ai telai più conosciuti, che hanno una trama e un ordito fisso, nel takadai questi ruoli si invertono continuamente.
Generalmente su questo tipo di telaio vengono create solo kumihimo piatti, secondo schemi complessi, la cui larghezza dipende come al solito dal numero di fili impiegati, ma è anche limitata dalla larghezza del “torii”, un’asta di legno in cima alla struttura del telaio.
I fili e i tama vengono posizionati sui bracci del takadai, tenuti da dei pioli chiamati “koma”.

Kakudai

È un telaio quadrato “a rovescio” rispetto al marudai, cioè se lì il kumihimo viene fuori dal basso, con questo si forma verso l’alto e i fili vengono attorcigliati ottenendo così bordi rotondi.

Karakumidai

Versione “più grossa” del kakudai, ha koma come il takadai tutti intorno, da questo vengono fuori kumihimo con un caratteristico motivo a diamante.

Naikidai

Chiamato anche “gacha-dai” per il suono che emette, è il telaio semi-automatizzato.
L’operatore muove una maniglia avanti e indietro, questa aziona degli ingranaggi che a loro volta muovono dei pezzi di legno con ganci di metallo ; effettivamente sono questi ganci a muovere i fili, afferrandoli e rilasciandoli in un punto diverso del cerchio.

Ayatakedai

È un telaio “più tessile”, per kumihimo piatti, dove l’intreccio viene posto su una linea, con 2 fili che fungono da trama; i fili vengono attorcigliati, come sul kakudai, e posti su pezzi di legno che assomigliano a punte di freccia, qui vengono scambiati da una tacca all’altra.

Altri strumenti

Una spada di bambù, chiamata “tou” viene usata per premere saldamente i punti, mentre per appiattire ulteriormente un kumihimo talvolta viene disteso su un cavalletto chiamato “korokake” e passato al mattarello.

Altra tecnica

Prima dell’introduzione dalla Cina di tutti i tipi di telai sopra elencati, esisteva una tecnica piuttosto “manuale”, chiamasi “kute-uchi” che prevedeva che i cappi dei fili venissero scambiati tra le mani e le dita, incrociandosi in modo da formare il motivo.

Conclusione finale

Il kumihimo richiede una vita di pratica e dedizione, con il tempo, la confidenza aumenta e si possono tentare schemi più impegnativi che richiedono più tama; il modello più difficile, tuttavia, secondo i saggi sensei è il più semplice, creato sul marudai servendosi solo di quattro tama, solo un vero “maestro” sarà in grado di realizzare perfettamente questo semplice kumihimo.
Un sensei di una famosa scuola ha spiegato che l’intreccio di 3 fili di seta è la prova di abilità più vera.
Si può tentare di provare un semplice kumihimo lungo 220 cm, allora si capirà cosa intendeva dire il sensei.

Spero con questo articolo di avervi fatto scoprire qualcosa di nuovo.

Samantha Sisto

Info credits:
http://www.artisanart.biz/About_Kumihimo.html
http://www.englisch.kumihimo.de/html/history.html
https://www.hana-no-togi.eu/category/kumihimo/

Photo credits:
http://www.artisanart.biz/About_Kumihimo.html
http://www.englisch.kumihimo.de/html/history.html

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