
Nihon Buyō – un itinerario storico-critico nella danza scenica giapponese
Nihon Buyō (日本舞踊, にほん-ぶよう)
Un itinerario storico-critico nella danza scenica giapponese
Introduzione: definire il “buyō”
Il termine buyō (舞踊, bu-yō) è una coiné relativamente recente – attestata nella prima metà del XIX secolo – che accorpa due morfemi antichi: mai (舞, まい), indicante il movimento circolare controllato tipico delle corti nobiliari, e odori (踊り, おどり), ossia la danza ritmica popolare. Con buyō s’intende oggi l’insieme codificato delle danze sceniche giapponesi nate in rapporto simbiotico con il teatro kabuki, ma sviluppatesi come disciplina autonoma, eseguita tanto da uomini quanto da donne, professionisti o dilettanti.
Archeologia del gesto: da kagura a dengaku
Le radici affondano nei riti sciamanici di epoca Yayoi, evoluti nelle danze di corte bugaku e nei festival agricoli dengaku (田楽), in cui il principio performativo era già bipartito tra movimenti ieratici (mai) e salti propiziatori (odori). La fusione di questi modelli trova eco nelle prime cronache imperiali – Nihon Shoki (720) e Engishiki (927) – che menzionano danze votive con ventagli e bastoni, antesignane del repertorio buyō. La letteratura medievale di Zeami (世阿弥, 1363-1443) ne cristallizza l’estetica nei trattati Fūshi Kaden (風姿花伝, 1400 ca.), dove il concetto di “hi sureba hana” (“ciò che resta non rivelato fiorisce”) pone la reticenza e l’allusione al centro dell’arte del movimento.
La svolta dell’epoca Edo: Okuni e il kabuki-odori
Nel 1603 la miko itinerante Izumo no Okuni (出雲阿国) presenta a Kyoto, sul greto del Kamogawa, un’inedita danza che mescola canti nembutsu e posture lascive: è il kabuki-odori (かぶき踊り, “danza stravagante”). Il successo popolare genera compagnie femminili, poi bandite per ragioni morali nel 1629, facilitando il passaggio agli all-male troupes con specialisti di ruoli femminili (onnagata, 女形). Le fonti pittoriche (ukiyo-e di Hishikawa Moronobu, 1670) e diaristiche (Kanbun Nikki) registrano tale transizione. Buyō si consolida così come grammatica coreutica indipendente, integrata in interludi kabuki o eseguita in contesti conviviali di ochaya (case da tè) e ryōtei.
Sistema delle scuole (ryū): iemoto, genealogie, trattati
Tra Sette e Ottocento nascono i cinque lignaggi maggiori: Nishikawa-ryū (1700), Fujima-ryū (1704), Bandō-ryū (1775), Hanayagi-ryū (1849) e Wakayagi-ryū (1893). Ogni scuola è retta da un capo-casa (iemoto) che detiene i diritti d’autore su kata, costumi e spartiti musicali. Il manuale Buyō Kōgiso (舞踊考基礎, 1900) di Nishikawa Senzō illustra principi di postura, uso del ventaglio (sensu) e trasmissione segreta delle forme, anticipando le edizioni a stampa di spartiti (bon-gata) che circolarono negli anni Taishō.
Anatomia di uno stile: tecniche, oggetti, costumi
La danza buyō privilegia il baricentro basso, le ginocchia flesse e una combinazione di passi scivolati (suri-ashi) e rotazioni sul tallone (mawari). Il ventaglio chiuso funge da prolunga del braccio; aperto, diventa fiore, spada, o flusso d’acqua a seconda delle inclinazioni. Altri oggetti emblematici sono l’ombrello kasa, il fazzoletto tenugui e la piccola maschera ko-omote. I costumi riecheggiano il guardaroba kabuki: kimono a “pancia d’airone” per i ruoli femminili, hakama antiquate per i ruoli maschili, mentre il trucco (kesho) schematizza gli archetipi di genere.
Musica di accompagnamento: nagauta, kiyomoto, hayashi
La componente sonora è affidata a tre generi vocali-strumentali: nagauta (長唄, “lunga canzone”), kiyomoto (清元) e tokiwazu (常磐津), tutti basati su shamisen e intervallati da ensemble percussivi (hayashi) di taiko, fue e kotsuzumi. Le sezioni musicali (dan) guidano la struttura coreografica, alternando parti narrative e danze pure (shosagoto). Notazioni cifrate (kuchi-shōga) permettono al danzatore di visualizzare timbri e attacchi ritmici.
Repertorio canonico: dai fiori di glicine al tempio Dōjōji
Tra i titoli più eseguiti spicca “Fuji Musume” (藤娘, “La dama del glicine”, 1826), coreografata da Fujima Kan’emon II su aria nagauta di Kineya Rokusaburō III. La danzatrice, impersonando un surreale spirito floreale, alterna gesti di civetteria a repentini scatti di pathos, simboleggiando l’amore non corrisposto. Ancora più celebre è “Kyōganoko Musume Dōjōji” (1819): derivata dall’omonimo dramma nō, narra la gelosia di Kiyohime che si tramuta in serpente presso il tempio di Dōjōji, offrendo al buyō l’occasione di mostrare virtuosismi con tamburo da cerimonia (kane).
Tra le forme espressive si annoverano inoltre le danze mascarate sanbasō, le ricostruzioni storico-militari (katsureki-buyō) e gli schemi umoristici otokomai improntati a mimica caricaturale.
Figure storiche e contemporanee
Hanayagi Jusuke I (花柳寿輔, 1821-1903) raffinò il buyō Edo-style, codificando posture di spalla e angolazioni del ventaglio per i ruoli da cortigiana (keisei).
reitokukai.com
Bandō Tamasaburō V (坂東玉三郎, 1950-), onnagata celebrato e tesoro nazionale vivente (2012), ha esportato il buyō sui palcoscenici occidentali, danzando con troupes di flamenco e collaborando con Maurice Béjart.
suleimansuleiman.com
britannica.com
Fujima Kansuma (藤間勘寿馬, 1918-2023), emigrata negli USA nel 1934, trasmise il repertorio alle comunità nippo-americane, fondendo kata tradizionali e sensibilità hollywoodiana.
Inoue Yachiyo V (井上八千代, 1956-) conduce la scuola di danza Kyōmai, custode dei cerimoniali del quartiere Gion di Kyoto.
Meiji, modernità e dialogo globale
Con la Restaurazione Meiji (1868) lo stato promuove il buyō come “danza nazionale” nei teatri Imperial Household e nelle esposizioni universali (Vienna 1873, Chicago 1893). Dopo la seconda guerra mondiale, la Japan Dance Association organizza tournée diplomatiche; nel 1955 il buyō entra nei piani di studio universitari (Tokyo Geijutsu Daigaku). Oggi, stage di ōgi-mai e workshop di Hanayagi-ryū si svolgono regolarmente in Europa, testimoniando la vitalità del genere.
Aneddoti, curiosità, aforismi
Secondo il “Diario di Asakusa” (1831), Hanayagi Jusuke accettò come allievo un pescivendolo analfabeta, colpito dall’eleganza con cui costui ripiegava la carta per avvolgere i calamari; divenne in seguito maestro del ventaglio per aristocratici di Satsuma.
Zeami ammoniva: «Kokoro ni hana o, mi ni utsuroi o» – «Coltiva il fiore nel cuore, lascia che il corpo ne sia il riflesso».
Un haiku di Matsuo Bashō recita: 「胡蝶の舞や 京の空」— Kochō no mai ya / Kyō no sora («Danza la farfalla / nel cielo di Kyoto»), spesso declamato prima di “Fuji Musume” per predisporre l’emozione del pubblico.
Conclusioni
La danza buyō, lungi dall’essere mero corollario del kabuki, rappresenta un sistema estetico autosufficiente che coniuga valori aristocratici e sensibilità urbana, simbolismo religioso e intrattenimento popolare. La coesistenza di rigida trasmissione genealogica e di aperta sperimentazione ne fa un laboratorio di identità nazionale in costante negoziazione con la modernità.
Glossario essenziale
Termini (kanji) Pronuncia Significato/uso
舞踊 buyō (ぶよう) Danza scenica giapponese
舞 mai (まい) Danza circolare, elegante
踊り odori (おどり) Danza ritmica, saltata
日本舞踊 Nihon buyō (にほんぶよう) Denominazione completa della disciplina
風姿花伝 Fūshi Kaden (ふうしかでん) Trattato di Zeami sul nō
花柳流 Hanayagi-ryū (はなやぎりゅう) Scuola buyō fondata nel 1849
扇子 sensu (せんす) Ventaglio di scena
女形 onnagata (おんながた) Attore maschile in ruolo femminile
長唄 nagauta (ながうた) Genere musicale per buyō
藤娘 Fuji Musume (ふじむすめ) “La dama del glicine”, danza celebre
京鹿子娘道成寺 Kyōganoko Musume Dōjōji (きょうがのこ むすめ どうじょうじ) Titolo buyō ispirato al nō “Dōjōji”
家元 iemoto (いえもと) Capo-scuola ereditario
所作事 shosagoto (しょさごと) Danza d’azione narrativa in kabuki
早替り hayagawari (はやがわり) Cambio-costume rapido in scena
秘すれば花 hi sureba hana (ひすればはな) “Il segreto è fiore” – aforisma estetico
Bibliografia selezionata
Brandon, James R. Kabuki Dance. Honolulu: University of Hawai‘i Press, 1975.
Emmert, Franziska. “From Mai to Buyō: Transformation of Court Dances.” Asian Theatre Journal 28, no. 1 (2011): 45-68.
Fujima, Kanjūrō VI. Nihon Buyō no Sekai (Il mondo della danza giapponese). Tokyo: Iwanami Shoten, 1998.
Hanayagi, Jusuke III. Buyō Kōgiso (1900). Ristampa annotata a cura di Nishikawa Ryū, Tokyo: Shōdensha, 2002.

