
Donne nell’ombra: Mochizuki Chiyome e la rete segreta delle kunoichi
Donne shinobi al servizio del Clan Takeda nel Giappone del XVI secolo
Introduzione
Nel Giappone del periodo Sengoku (戦国時代, 1467–1615), un’epoca segnata da guerre incessanti, intrighi e continui mutamenti di alleanze, emerse una figura femminile che ancora oggi rimane avvolta nel fascino della leggenda: Mochizuki Chiyome (望月 千代女, ca. 1540–1580). Spesso ricordata come la “madre delle kunoichi (くノ一)” – termine che identifica le donne shinobi, ossia spie o praticanti di ninjutsu (忍術) – Chiyome rappresenta una delle rare testimonianze storiche dell’esistenza di un corpo femminile organizzato con funzioni di intelligence e sabotaggio al servizio di un daimyō.
Secondo le cronache e le tradizioni popolari, fu il potente Takeda Shingen (武田信玄, 1521–1573), “la Tigre di Kai”, a conferirle l’incarico di creare una rete di agenti femminili con compiti di spionaggio, infiltrazione e, se necessario, assassinio. Da quel momento, la figura di Chiyome si intreccia con l’immaginario ninja, sospesa tra storia e leggenda, tra documentazione e tradizione orale.
Il contesto storico: il Giappone del Sengoku Jidai
Il XVI secolo giapponese, conosciuto come Sengoku Jidai (戦国時代, “Epoca degli Stati Combattenti”), fu caratterizzato da una lunga serie di conflitti tra i vari clan feudali (daimyō 大名). La caduta del potere centrale degli Ashikaga (足利氏), shōgun dal 1338, aveva lasciato il paese in una condizione di anarchia militare.
In questo scenario si distinsero figure leggendarie come Oda Nobunaga (織田信長, 1534–1582), innovatore crudele e stratega, Toyotomi Hideyoshi (豊臣秀吉, 1537–1598), il “Napoleone giapponese”, e Tokugawa Ieyasu (徳川家康, 1543–1616), futuro fondatore dello shogunato Tokugawa. Ma accanto a questi grandi signori della guerra, altri daimyō si contendevano territori e risorse, fra cui il potente clan Takeda (武田氏) della provincia di Kai (甲斐国, oggi Yamanashi).
Il clan Takeda raggiunse il massimo splendore sotto la guida di Takeda Shingen, rivale storico di Uesugi Kenshin (上杉謙信, 1530–1578) nelle celebri battaglie di Kawanakajima (川中島の戦い, 1553–1564). Proprio in questo scenario, nel 1561, durante la quarta di queste battaglie, cadde Mochizuki Moritoki (望月 守時), marito di Chiyome, aprendo la strada al destino singolare della donna.
Origini e formazione di Mochizuki Chiyome
Chiyome apparteneva a un ramo nobile della famiglia Mochizuki, legata alla tradizione ninja della scuola Kōga-ryū (甲賀流), celebre insieme alla Iga-ryū (伊賀流) come una delle due principali “scuole ninja”. Il suo antenato diretto sarebbe stato Mochizuki Izumo-no-Kami (望月出雲守), ninja del XV secolo, a testimonianza di una tradizione familiare legata al ninjutsu e alle arti della furtività.
Oltre al lignaggio, Chiyome ricevette un’educazione da poetessa e dama aristocratica, qualità che le consentirono di muoversi agilmente negli ambienti di corte e di esercitare un fascino particolare. La sua doppia natura – donna di cultura e discendente di guerrieri – ne fece il profilo ideale per essere scelta da Takeda Shingen come capo di un’organizzazione di spionaggio femminile.
L’incarico di Takeda Shingen
Dopo la morte del marito, Chiyome fu posta sotto la protezione dello zio di lui, lo stesso Takeda Shingen. Secondo le fonti, fu proprio il daimyō ad affidarle un compito strategico: creare una rete di agenti femminili capaci di infiltrarsi tra i nemici, raccogliere informazioni, trasmettere messaggi cifrati e, se necessario, eliminare obiettivi sensibili.
La scelta non era casuale: le donne, grazie al loro ruolo sociale, potevano muoversi con meno sospetti rispetto agli uomini. Una miko (巫女, sacerdotessa shintoista), una geisha (芸者), una monaca itinerante o una semplice venditrice ambulante potevano accedere a spazi proibiti agli uomini armati, raccogliendo conversazioni, osservando movimenti militari e trasportando messaggi nascosti.
Takeda Shingen, noto per la sua astuzia e per la sua capacità di usare l’inganno tanto quanto la forza militare, comprese il valore di un corpo femminile di intelligence. Chiyome divenne quindi la prima “generalessa” di un’armata invisibile: le kunoichi.
Reclutamento e addestramento delle kunoichi
Mochizuki Chiyome avviò il suo progetto nel villaggio di Nezu (根津), nell’attuale città di Tōmi (東御市, prefettura di Nagano), nella regione di Shinshū (信州). Qui reclutò donne di condizioni difficili: orfane delle guerre civili, prostitute sopravvissute alle devastazioni e giovani senza famiglia. Offrì loro una possibilità di riscatto, trasformandole da vittime in strumenti di potere.
L’addestramento delle kunoichi era duro e mirato:
travestimento e mimetizzazione, per assumere i ruoli più disparati (miko, attrici, geisha, monache, mercanti itineranti);
uso di veleni (毒, doku) e piccole armi celate, come il kakute (角手, anelli appuntiti) o i tessen (鉄扇, ventagli di ferro);
seduzione e spionaggio, sfruttando la capacità di carpire segreti dai nemici attraverso il fascino o l’inganno;
cifratura dei messaggi, utilizzando simboli, poesie o tessuti ricamati come codici;
arti marziali di difesa, per sopravvivere in caso di scoperta.
Secondo alcune fonti, le reclute venivano anche addestrate nelle arti teatrali del Nō (能) e del Kyōgen (狂言), così da saper interpretare ruoli diversi con efficacia.
La rete segreta delle kunoichi
Secondo le cronache locali e le tradizioni successive, Mochizuki Chiyome riuscì a costituire una rete di circa trecento donne ninja al servizio del clan Takeda. Anche se il numero esatto è difficile da verificare con certezza, le fonti concordano sul fatto che l’organizzazione fosse sorprendentemente estesa per gli standard dell’epoca.
Questa rete agiva su più livelli:
spionaggio politico e militare, infiltrandosi nelle residenze dei signori feudali e nei campi militari;
messaggeria segreta, consegnando dispacci cifrati, nascosti nei vestiti o nei capelli;
sabotaggio, con incendi, furti o avvelenamenti mirati;
seduzione strategica, ottenendo informazioni da samurai e funzionari di rango attraverso rapporti intimi o di fiducia.
La genialità di Chiyome fu l’uso delle coperture sociali: le sue agenti si fingevano pellegrine, monache itineranti, venditrici di amuleti o miko, categorie che potevano muoversi liberamente senza destare sospetti. In questo modo, le kunoichi avevano accesso sia agli spazi maschili (campi di battaglia, residenze militari) sia a quelli femminili (stanze interne delle residenze, dove spesso gli uomini non potevano entrare).
Aneddoti e leggende
Le fonti ufficiali su Mochizuki Chiyome sono limitate, ma numerose leggende popolari hanno arricchito il suo mito.
La poesia cifrata: si narra che Chiyome facesse ricamare versi poetici su kimono o ventagli, che contenevano messaggi cifrati. Solo gli iniziati conoscevano il codice, rendendo la poesia uno strumento di spionaggio.
La geisha fantasma: un racconto del XIX secolo sostiene che una delle agenti di Chiyome si finse geisha presso la residenza di un alleato di Uesugi Kenshin. Seducendo un ufficiale, riuscì a sottrarre mappe militari. Scoperta, si sarebbe tolta la vita, diventando oggetto di storie popolari come “la geisha fantasma di Shinano”.
L’assassinio silenzioso: alcune cronache minori parlano di kunoichi che, durante banchetti, usavano hashi avvelenati (箸, bacchette) o piccole lame nascoste nelle maniche per eliminare figure politiche. Anche se tali episodi restano non documentati, mostrano la percezione culturale delle donne ninja come assassine invisibili.
Relazioni con il clan Takeda
Il ruolo delle kunoichi fu particolarmente utile al clan Takeda durante le battaglie di Kawanakajima e nei conflitti contro i clan rivali, come gli Uesugi e i Tokugawa. Le informazioni raccolte da questa rete femminile avrebbero permesso a Takeda Shingen di mantenere un vantaggio strategico sui nemici.
È significativo notare che, mentre i ninja maschi (shinobi 忍び) erano spesso relegati a compiti militari specifici – sabotaggi notturni, incendi, infiltrazioni in castelli – le kunoichi riuscivano a svolgere missioni in contesti sociali più ampi, sfruttando la sottovalutazione del ruolo femminile.
Il declino della rete dopo la morte di Shingen
La morte di Takeda Shingen nel 1573, in circostanze ancora misteriose (secondo alcune fonti per malattia, secondo altre per avvelenamento), segnò anche la fine della rete di kunoichi.
Il figlio Takeda Katsuyori (武田勝頼, 1546–1582) non ebbe lo stesso carisma e la stessa lungimiranza politica del padre. La sua gestione del clan portò, pochi anni dopo, al disastro di Nagashino (長篠の戦い, 1575), dove le truppe Takeda furono annientate dall’uso innovativo degli archibugi da parte di Oda Nobunaga.
Senza il sostegno politico e finanziario del clan, la rete di Chiyome si disperse e scomparve dai documenti ufficiali. Alcuni racconti popolari affermano che Chiyome stessa morì poco dopo, forse ritirandosi come monaca. Altri suggeriscono che le sue allieve continuarono a operare in segreto, confondendosi con la leggenda dei ninja di Kōga e di Iga.
L’impatto culturale e simbolico delle kunoichi
Nonostante la scarsità di fonti coeve, la figura di Mochizuki Chiyome è diventata, nei secoli successivi, un simbolo dell’abilità e della resilienza femminile.
Durante il periodo Edo (1603–1868), quando il ninjutsu fu spesso romanzato in racconti popolari e in opere teatrali, le kunoichi divennero protagoniste di storie di spionaggio e seduzione. Il termine stesso kunoichi (くノ一) è particolarmente suggestivo: deriva dalla scomposizione grafica dei tratti del kanji 女 (onna, “donna”), ovvero く (ku), ノ (no) e 一 (ichi).
In epoca contemporanea, la figura delle kunoichi è stata ripresa dalla cultura popolare: manga, anime, cinema e letteratura le hanno trasformate in icone di sensualità e pericolo, contribuendo a una sorta di “mitologia moderna” che ha radici nella storia di Chiyome.
Confronti con altre figure femminili del Giappone del passato
Per comprendere appieno la singolarità di Mochizuki Chiyome, è utile confrontarla con altre celebri figure femminili della storia militare giapponese.
Tomoe Gozen (巴御前, XII secolo): leggendaria onna-bugeisha (女武芸者, donna guerriera), compagna di Minamoto no Yoshinaka. Tomoe combatté come samurai, brandendo arco e naginata sul campo di battaglia. A differenza di Chiyome, la sua fama derivò dal valore marziale diretto, non dall’uso di spionaggio e sotterfugi.
Nakano Takeko (中野竹子, 1847–1868): eroina della guerra Boshin, guidò un’unità di donne armate di naginata, le cosiddette Jōshitai (娘子隊, “unità femminile”), e morì in battaglia a soli 21 anni. Anche lei, come Tomoe, rappresenta l’archetipo della combattente sul campo, piuttosto che della spia.
Mochizuki Chiyome si colloca in un’altra dimensione: non tanto la forza delle armi, quanto l’uso dell’intelligenza, della discrezione e della capacità di infiltrazione. Se Tomoe e Nakano incarnano il coraggio guerresco, Chiyome rappresenta l’ombra, la strategia invisibile, la guerra silenziosa.
L’eredità culturale delle kunoichi
Con la dissoluzione del clan Takeda e la successiva unificazione del Giappone sotto Tokugawa Ieyasu, la figura delle kunoichi scivolò progressivamente nel mito. Nel periodo Edo, il ninjutsu non ebbe più il ruolo centrale che aveva avuto durante il Sengoku Jidai, ma le storie dei ninja continuarono a circolare nelle stampe popolari e nei racconti orali.
Le kunoichi furono spesso descritte come:
seduttrici pericolose, in grado di conquistare e distruggere uomini potenti;
streghe guerriere, associate a pratiche occulte, veleni e arti segrete;
eroine patriottiche, capaci di sacrificarsi per il bene del clan.
Questa ambivalenza ha alimentato la loro fortuna in epoca moderna. Oggi, figure ispirate a Mochizuki Chiyome e alle sue agenti compaiono in manga (ad esempio Basilisk), anime (Naruto, con personaggi come Tsunade o Anko Mitarashi che richiamano l’archetipo della kunoichi), e film storici o di fantasia.
Curiosamente, negli ultimi decenni, alcuni gruppi di ricostruzione storica in Giappone hanno cercato di restituire una dimensione più realistica alle kunoichi, mostrando tecniche di spionaggio e travestimento piuttosto che trasformarle in figure puramente sensuali.
Aneddoti e curiosità aggiuntive
La doppia identità di Chiyome: alcune cronache locali di Nagano affermano che Chiyome mantenesse una “scuola segreta” sotto le spoglie di un orfanotrofio. Le ragazze apparentemente ricevevano educazione e ospitalità, ma in realtà venivano addestrate come spie.
Le armi celate: oltre ai ventagli di ferro e agli anelli appuntiti, le kunoichi erano note per nascondere aghi avvelenati nei capelli o nelle cuciture dei kimono. Questo rinforza l’idea di un arsenale femminile apparentemente innocuo ma letale.
Il legame con le miko: il travestimento da sacerdotesse shintoiste non era solo una copertura. Alcune leggende raccontano che Chiyome credesse davvero di avere un mandato divino, e che le sue missioni fossero anche una forma di purificazione del Giappone, in linea con l’ideologia del clan Takeda.
Conclusioni
La figura di Mochizuki Chiyome (望月 千代女) e delle sue kunoichi (くノ一) incarna uno degli aspetti più affascinanti e meno esplorati della storia militare giapponese: il ruolo delle donne nello spionaggio e nella guerra invisibile del periodo Sengoku.
Seppur le fonti dirette siano scarse e spesso contaminate dalla leggenda, l’impatto simbolico di questa donna aristocratica e guerriera è straordinario: fu capace di trasformare orfane e prostitute in un corpo di intelligence al servizio del potente Takeda Shingen, dimostrando come, anche in un’epoca dominata da uomini e battaglie campali, le donne potessero essere protagoniste decisive attraverso l’astuzia e la resilienza.
Oggi, tra storia e mito, le kunoichi rimangono un archetipo potente, specchio di una femminilità guerriera e segreta, che continua a ispirare narrativa, cinema e cultura popolare.
Glossario
Kunoichi (くノ一): termine che indica una donna ninja o praticante di ninjutsu.
Ninjutsu (忍術): insieme di tecniche di spionaggio, guerriglia e sopravvivenza attribuite ai ninja.
Miko (巫女): sacerdotessa shintoista, spesso impersonata dalle kunoichi come copertura.
Daimyō (大名): signore feudale del Giappone.
Onna-bugeisha (女武芸者): donna guerriera appartenente alla classe samuraica.
Kōga-ryū (甲賀流): scuola di ninjutsu originaria della provincia di Ōmi.
Tessen (鉄扇): ventaglio di ferro, arma occulta.
Kakute (角手): anelli metallici appuntiti, usati per colpire silenziosamente.
Sengoku Jidai (戦国時代): “epoca degli Stati Combattenti”, periodo di guerre civili giapponesi (1467–1615).
Bibliografia commentata
Stephen Turnbull, Ninja: The True Story of Japan’s Secret Warrior Cult (2000).
Studio dettagliato sul ruolo dei ninja nel Giappone medievale, con ampie sezioni dedicate alle figure femminili, tra cui Mochizuki Chiyome.
Stephen Turnbull, Samurai Women 1184–1877 (2010).
Analisi storica delle donne guerriere giapponesi, con confronto tra onna-bugeisha e kunoichi.
Yamada, Shōji (山田奨治), Nihon no ninja (日本の忍者, 2004).
Testo accademico giapponese che indaga le radici storiche del ninjutsu, distinguendo mito e realtà.
Kato, Hiroo (加藤広雄), Shinobi no rekishi (忍びの歴史, 2011).
Ricerca basata su fonti locali di Iga e Kōga, con riferimenti al reclutamento femminile.
Hurst, G. Cameron, Armed Martial Arts of Japan (1998).
Analisi comparativa delle tradizioni marziali, con menzione delle pratiche occulte e marginali.
Nota metodologica
Il presente saggio è stato redatto attenendosi a fonti storiografiche accreditate (testi accademici, cronache giapponesi, studi di specialisti del ninjutsu e della storia militare giapponese). Data la scarsità di documenti primari su Mochizuki Chiyome, la ricostruzione storica si basa sull’incrocio tra fonti locali (Nagano, Shinano) e studi moderni. Le leggende e aneddoti sono stati distinti dalle fonti storiche e presentati come tali, per preservare la distinzione fra storia e mito. L’articolo integra elementi culturali, linguistici e simbolici, al fine di offrire un quadro il più possibile completo e interdisciplinare.

