Erotismo in Oriente

L’arte Shunga di Kitagawa Utamaro

Reading Time: 4 minutes

L’arte Shunga di Kitagawa Utamaro: ispirazioni, muse, stile e curiosità di un maestro dell’erotismo giapponese

Introduzione
L’arte shunga, termine che letteralmente significa “immagini della primavera” (con “primavera” quale eufemismo per l’amore erotico), rappresenta una delle espressioni più affascinanti e controverse della cultura giapponese dell’epoca Edo (1603–1868). Tra i maestri più celebri di questa forma d’arte si distingue Kitagawa Utamaro (c. 1753–1806), pittore e incisore raffinato, noto in Occidente soprattutto per i suoi ritratti femminili (bijinga) ma anche per la sua intensa produzione shunga. In questo articolo si esploreranno le fonti d’ispirazione di Utamaro, le figure femminili che ne hanno animato l’opera, il suo peculiare stile artistico, nonché curiosità e aneddoti che delineano il profilo di un artista la cui influenza ha varcato i confini del tempo e dello spazio.

Biografia: un artista nella fiorente Edo
Kitagawa Utamaro nasce presumibilmente intorno al 1753 a Edo (oggi Tokyo), anche se alcuni studiosi ipotizzano origini nella regione di Kawagoe. Le fonti biografiche sono frammentarie, ma si sa che fu allievo di Toriyama Sekien, un artista e letterato che fu fondamentale nel tramandare le tecniche della pittura cinese e delle stampe ukiyo-e. Utamaro cominciò a firmare le proprie opere negli anni ’70 del Settecento, guadagnandosi progressivamente una reputazione nella fiorente scena artistica della capitale.
Negli anni ’90, grazie alla collaborazione con il celebre editore Tsutaya Jūzaburō, Utamaro realizzò le sue opere più note, tra cui serie di ritratti femminili che divennero veri e propri best-seller. Ma fu anche in questo periodo che la sua produzione shunga conobbe una fioritura straordinaria, spingendosi oltre i limiti consueti della rappresentazione erotica giapponese.

Le fonti d’ispirazione: tra letteratura classica, natura e osservazione sociale
Le radici dell’estetica di Utamaro affondano tanto nella tradizione quanto nell’osservazione diretta della vita quotidiana. La cultura ukiyo, o “mondo fluttuante”, in cui si muovevano cortigiane, attori di kabuki, poeti e artisti, forniva un terreno fertile per la sua immaginazione.
Un’influenza chiave fu la letteratura classica giapponese, in particolare il Genji Monogatari di Murasaki Shikibu e i racconti erotici cinesi e giapponesi come il Konjaku Monogatari. Le immagini shunga erano spesso accompagnate da testi calligrafati o dialoghi, che rivelavano non solo l’atto erotico, ma anche il contesto psicologico e narrativo.
L’altra grande fonte d’ispirazione di Utamaro fu la natura. Le sue composizioni sono ricche di simbolismi floreali, animali e stagionali: elementi come le farfalle, i ciliegi in fiore, le carpe e le conchiglie diventano metafore visive del desiderio e della fecondità.

Donne e muse: chi ispirò Utamaro?
Utamaro fu ossessionato dalla figura femminile, non come idea astratta, ma come presenza viva e multiforme. Le sue opere non raffigurano un ideale stereotipato di bellezza, bensì un’ampia gamma di emozioni, caratteri e classi sociali: dalle cortigiane dei quartieri di piacere di Yoshiwara alle donne comuni impegnate nelle faccende quotidiane.
Non è possibile identificare con certezza i nomi delle donne che posavano per lui, ma vi è la possibilità che alcune delle sue modelle fossero reali cortigiane o geishe con cui l’artista aveva rapporti personali o professionali. Una figura evocata dalla tradizione orale è quella di Okita, una celebre geigi della casa di tè Naniwaya, il cui volto delicato e allungato sarebbe servito da modello per alcune delle più note bijinga di Utamaro.
Una lettura più attenta dei suoi shunga rivela anche una certa empatia nei confronti del piacere femminile: le donne non sono meri oggetti del desiderio maschile, ma partecipano attivamente, spesso con espressioni di piacere sincero, suggerendo un’autenticità psicologica rara per l’epoca.

Lo stile: l’eleganza della linea e l’intimità dello sguardo
Utamaro rivoluzionò il genere bijinga grazie a un’attenzione particolare per la fisionomia individuale e l’uso della linea continua e sinuosa. Il suo tratto elegante ma deciso contorna volti allungati, occhi stretti e bocche minute, conferendo alle figure femminili una grazia quasi eterea.
Nelle sue opere shunga, questa stessa eleganza si combina con un realismo minuzioso. L’anatomia è resa con precisione ma anche con una certa idealizzazione: corpi morbidi, fluenti, uniti in composizioni spesso asimmetriche e dinamiche. I dettagli degli abiti, delle acconciature, dei tessuti e degli interni sono resi con una cura maniacale, che conferisce alle scene un’intimità palpabile.
Un aspetto stilistico distintivo è il trattamento dello sguardo. Le sue donne guardano spesso verso l’osservatore o verso il partner con una gamma espressiva che va dal languore al gioco, dalla sorpresa alla complicità erotica. È un erotismo mai crudo, ma al contrario carico di emozione, sottigliezza e umanità.

Aneddoti e curiosità: tra censura e provocazione
Uno degli episodi più noti della vita di Utamaro riguarda il suo arresto nel 1804 per aver realizzato ritratti di Toyotomi Hideyoshi, uno dei più importanti unificatori del Giappone del XVI secolo, in scene licenziose — una violazione delle severe leggi di censura dell’epoca, che vietavano la rappresentazione di figure storiche in contesti inappropriati. Utamaro fu imprigionato per cinquanta giorni e questa vicenda segnò profondamente la sua carriera e la sua salute.
Paradossalmente, però, le shunga erano tollerate dal regime Tokugawa sebbene ufficialmente vietate. Erano considerate amuleti portafortuna, specialmente tra i samurai in guerra o le giovani coppie appena sposate. L’arte erotica non era dunque percepita come peccaminosa, ma come parte integrante della vita e della cultura materiale.
Curiosamente, alcune opere shunga di Utamaro raggiunsero l’Europa già nel XIX secolo, diventando oggetti di culto tra i simbolisti e i decadenti. Edmond de Goncourt, grande collezionista e biografo di artisti giapponesi, definì Utamaro “il Goya dell’Oriente”, sottolineando l’intensità emotiva e l’audacia del suo sguardo.

Conclusione: l’eredità di un maestro dell’erotismo raffinato
Kitagawa Utamaro rimane una figura centrale non solo nella storia dell’ukiyo-e, ma anche in quella dell’erotismo visivo mondiale. Le sue shunga non sono semplici immagini pornografiche, ma esplorazioni complesse del desiderio, della relazione umana e del piacere reciproco.
Attraverso un tratto raffinato, una sensibilità spiccata per la psicologia femminile e una profonda conoscenza della cultura giapponese, Utamaro seppe creare un universo sensuale e lirico che ancora oggi affascina, ispira e scandalizza. Le sue opere costituiscono un ponte tra l’arte e la vita, tra l’intimo e il pubblico, tra il passato e il presente.

Bibliografia
Screech, Timon. Sex and the Floating World: Erotic Images in Japan, 1700–1820. Reaktion Books, 1999.
Goncourt, Edmond de. Utamaro: Peintre des maisons vertes. Paris, 1891.
Lane, Richard. Images from the Floating World: The Japanese Print. Oxford University Press, 1978.
Shunga: Sex and Humour in Japanese Art, 1600–1900, a cura di Timothy Clark et al., British Museum Press, 2013.

Lascia una risposta

error: Content is protected !!