
Jinmu Tennō: Il fondatore leggendario del Giappone (parte 1 di 6)
Jinmu Tennō, il primo imperatore del Giappone secondo la tradizione, rappresenta una figura centrale nella mitologia e nella storia giapponese. Discendente diretto della dea del sole Amaterasu, Jinmu è considerato il fondatore della dinastia imperiale giapponese, con un regno che, secondo i testi antichi, ebbe inizio l’11 febbraio 660 a.C., data oggi celebrata come il Kenkoku Kinen no Hi, la festa nazionale della fondazione del Giappone.
Questo articolo esamina la figura di Jinmu Tennō attraverso le fonti storiche principali, il Kojiki (712 d.C.) e il Nihon Shoki (720 d.C.), analizzando il suo viaggio dal Kyūshū alla pianura di Yamato, le battaglie che lo portarono al potere e il significato simbolico della sua ascendenza divina. Inoltre, verrà approfondito il ruolo delle tre insegne imperiali—lo specchio, la spada e il gioiello—che ancora oggi simboleggiano la legittimità della famiglia imperiale giapponese.
Attraverso un’analisi critica delle fonti e delle interpretazioni moderne, questo studio esplora la storicità di Jinmu Tennō, valutando il suo impatto sulla costruzione dell’identità nazionale giapponese e il suo ruolo nella legittimazione del potere imperiale nel corso dei secoli.
Jinmu-tennō, il primo imperatore del Giappone tra mito e realtà
Definizione del mito, discendenza divina e primo contesto familiare
L’Imperatore Jinmu (神武天皇・じんむてんのう, Jinmu-tennō) è una figura centrale e mitica nella storia del Giappone. Secondo le leggende tradizionali, Jinmu è considerato il primo imperatore del Giappone, un antenato divinizzato dalla mitologia shintō, e la sua ascesa al trono segna la nascita stessa dello stato giapponese. Le fonti storiche più antiche che narrano le sue gesta sono il Kojiki (古事記・こじき), scritto nel 712 d.C., e il Nihon Shoki (日本書紀・にほんしょき), compilato nel 720 d.C. Entrambi i testi non hanno valore storico nel senso moderno, ma costituiscono una miscela di mito, leggenda e elementi storici, pensati per legittimare la dinastia imperiale.
La cronologia tradizionale fissa la salita al trono di Jinmu al 11 febbraio 660 a.C., data che viene oggi celebrata come la Festa della Fondazione dello Stato (Kenkoku Kinen no Hi). Questa festa è un momento simbolico in cui il Giappone riflette sulle proprie origini e sulla continuità imperiale. Nonostante la mancanza di prove archeologiche dirette che confermino l’esistenza reale di Jinmu, egli è una figura imprescindibile nell’identità storica, culturale e politica giapponese. Il suo mito ha influenzato il modo in cui i giapponesi hanno percepito la loro sovranità e la connessione fra il divino e l’umano.
Radici mitologiche e genealogia divina
La genealogia di Jinmu è profondamente intrecciata con la mitologia shintō. Egli discende direttamente dalla dea del sole Amaterasu (天照大神・あまてらすおおみかみ), una delle divinità più venerate nel pantheon giapponese. Amaterasu è considerata la dea che illumina il mondo, portatrice di vita e simbolo della purezza e della legittimità divina. Dal suo lignaggio discende Ninigi-no-Mikoto (邇邇芸命・ににぎのみこと), il nipote di Amaterasu, che fu inviato sulla Terra per governare e portare ordine, instaurando le radici del potere divino tra gli uomini. Jinmu è presentato come discendente diretto di Ninigi, e attraverso questa discendenza si afferma la continuità sacra tra il mondo degli dèi (Takamagahara) e quello degli uomini.
Inoltre, nella mitologia si intrecciano le figure di Susanoo (須佐之男命・すさのおのみこと), fratello di Amaterasu e dio delle tempeste e del mare, la cui linea di discendenza si fonde con quella di Amaterasu per rafforzare ulteriormente la legittimità imperiale. Queste connessioni divine hanno lo scopo di sottolineare che l’imperatore non è semplicemente un capo terreno, ma un mediatore sacro tra gli dei e il popolo giapponese.
Il nucleo familiare di Jinmu
Prima di diventare imperatore, Jinmu nacque con il nome di Kamuyamato Iwarebiko (神日本磐余彦・かむやまといわれひこ). Secondo le versioni del Kojiki e del Nihon Shoki, suo padre era Ugayafukiaezu (鸕鶿草葺不合尊), una figura mitica nata dall’unione di divinità e umani, figlio a sua volta della principessa Tamayori-hime (玉依姫). Qui emerge una certa ambiguità nelle fonti, perché la madre di Jinmu viene talvolta identificata con la stessa Tamayori-hime o con sue sorelle, a seconda della versione del mito. Questo tipo di genealogie complesse è tipico delle narrazioni mitologiche, dove la linea di sangue serve a creare legami sacri e simbolici più che a raccontare fatti storici oggettivi.
Jinmu ebbe inoltre diversi fratelli, tra cui Itsuse, Inahi e Mikenuryo, figure che in alcuni racconti hanno ruoli specifici nelle campagne militari e nelle vicende che portarono alla fondazione del Giappone. Il contesto familiare in cui si muove Jinmu riflette un sistema di clan potenti e strettamente legati a culti locali e divinità tutelari. Questo spiega anche come la sua figura servisse a unire varie realtà politiche e religiose sotto un’unica dinastia.
L’espansione verso est (Tōsei) e la battaglia decisiva
Questa sezione approfondisce il viaggio mitico e militare che ha trasformato Jinmu da capo clan locale a sovrano universale, conferendo un forte valore simbolico e religioso alle sue azioni. Uno degli episodi più affascinanti e simbolici della vita mitologica dell’Imperatore Jinmu è la sua spedizione verso est, conosciuta come Tōsei (東征), ossia la “campagna verso oriente”. Questo viaggio non è solo una marcia militare per la conquista di territori, ma rappresenta una vera e propria trasformazione politica e spirituale che porta alla nascita dello Stato giapponese unificato sotto un unico sovrano.
Partenza e difficoltà
Secondo il mito, all’età di 45 anni Jinmu radunò un esercito composto da fratelli, parenti e fedeli seguaci, partendo da Takachiho (高千穂), nella regione meridionale dell’isola di Kyūshū, dove aveva la sua base ancestrale. Takachiho, oggi meta di pellegrinaggi e luogo sacro, è descritto come il punto di partenza della sua discesa verso la terra promessa del Yamato (大和), nella regione del Kansai, considerata il cuore storico e culturale del Giappone antico.
Attraversando il mare interno di Seto, Jinmu e i suoi compagni approdarono a Naniwa (難波), l’attuale Osaka, dove incontrarono il primo grande ostacolo: il capo locale Nagasunehiko (長髄彦), potente e ostile. In questa prima battaglia, secondo la leggenda, Jinmu subì una dura sconfitta e suo fratello maggiore, Itsuse, cadde in combattimento.
Questa fase del racconto mette in luce la complessità della conquista e il carattere difficile dell’unificazione: Jinmu non fu semplicemente accolto come un liberatore, ma dovette faticare e superare resistenze e conflitti violenti.
Riorientamento e simbolismo cosmico
Dopo la sconfitta, Jinmu comprese che la sua avanzata verso est era “contro il sole”, cioè in direzione opposta alla luce divina di Amaterasu, simbolo del potere imperiale. Il mito afferma che il corvo sacro Yatagarasu (八咫烏), un uccello mitologico a tre zampe, gli apparve come guida divina. Il corvo indicò a Jinmu la via da seguire: proseguire non verso est, ma deviare verso sud e aggirare la penisola di Kii passando dal versante occidentale.
Questo episodio è ricco di simbolismi: il corvo Yatagarasu è interpretabile come guida spirituale, consigliere soprannaturale, e segno del favore degli dèi. La scelta di seguire la direzione “corretta” garantisce il successo e conferma il mandato divino di Jinmu.
Il mito suggerisce quindi un parallelismo fra ordine cosmico e politica terrestre: avanzare “contro il sole” equivale a sfidare l’ordine naturale e divino, mentre rispettarlo conduce alla vittoria e all’armonia.
L’incontro con Takamura e la spada Futsu no Mitama
Durante il viaggio verso la nuova rotta, a Jinmu e ai suoi capita un episodio carico di simbolismo e miracolo. A Kumano, una regione montuosa sacra e misteriosa, Jinmu si trova circondato da una “nube mortale” che minaccia di soffocare le sue forze.
In un sogno, un uomo chiamato Takamura (高倉下) riceve un messaggio da Takemikazuchi, divinità della guerra, che gli ordina di consegnare a Jinmu la spada sacra Futsu no Mitama. Questa spada magica, dotata di poteri soprannaturali, permette all’imperatore di dissolvere la nube velenosa e di superare gli ostacoli che lo bloccavano.
Il simbolismo della spada è cruciale: non è solo un’arma, ma un talismano divino che conferisce legittimità, protezione e potere a chi la brandisce. La Futsu no Mitama è quindi segno del favore celeste nei confronti di Jinmu e strumento di vittoria.
La battaglia decisiva e l’apparizione del Kinshi
Il momento culminante della spedizione è la battaglia finale contro Nagasunehiko, che avviene in un campo chiamato Tateno. Mentre lo scontro sembra incerto, un evento soprannaturale cambia le sorti della guerra: sul grande arco di Jinmu si posa un corvo dorato, noto come Kinshi (金鵄).
Il Kinshi emette un riflesso di luce abbagliante che acceca i nemici, portando scompiglio nelle loro fila e permettendo all’esercito di Jinmu di avere la meglio. Questa creatura sacra, simile a una divinità volante, è interpretabile come un’altra manifestazione del favore divino e dell’intervento celeste.
Il successo in battaglia segna la fine delle resistenze e l’inizio di una nuova era sotto la guida di Jinmu, che ora può fondare la sua capitale e stabilire l’ordine.
Fondazione della capitale e consolidamento del potere
Questa sezione, con la sua ricchezza di elementi simbolici, politici e religiosi, aiuta a comprendere come il mito di Jinmu abbia formato la base ideologica e spirituale del Giappone imperiale.
Nigihayahi no Mikoto e la cessione del trono
Uno degli episodi più complessi e affascinanti legati al mito di Jinmu riguarda la figura di Nigihayahi no Mikoto (饒速日命), una divinità celeste che, secondo alcune tradizioni, già regnava sulla regione del Yamato prima dell’arrivo di Jinmu. Nigihayahi è considerato una figura legata direttamente al Takamagahara (高天原), il “luogo alto del cielo” mitologico, da cui discendono molte divinità imperiali.
Nel racconto contenuto nelle antiche fonti, come il Sendai Kuji Hongi (先代旧事本紀), Nigihayahi inizialmente si oppone all’arrivo di Jinmu, poiché egli stesso detiene il potere sulla regione. Tuttavia, dopo un conflitto che rischia di scatenare una guerra civile, Nigihayahi riconosce la superiorità sacra di Jinmu, accettando la sua autorità e cedendo il trono.
Questa narrazione ha un importante significato storico e politico: simboleggia la fusione e l’unificazione di diversi lignaggi divini e terrestri, consolidando la legittimità di Jinmu come sovrano unico. Alcuni studiosi ritengono che questa leggenda rifletta l’integrazione di vari clan e tradizioni preesistenti, in una strategia politica di inclusione e legittimazione.
La fondazione della capitale a Kashihara-no-miya
Dopo la vittoria definitiva e la cessione del potere, Jinmu stabilisce la sua capitale a Kashihara-no-miya (橿原宮), ai piedi del Monte Unebi (畝傍山), nella regione dello Yamato. Questo luogo è oggi considerato il sito della prima capitale imperiale del Giappone, sebbene non vi siano riscontri archeologici diretti a sostegno della sua storicità.
La scelta di Kashihara è ricca di significato simbolico. Situata nel cuore della penisola del Kansai, questa area rappresenta il centro geografico e spirituale del Giappone antico. La fondazione della città è considerata un atto di stabilità, ordine e legittimazione del potere imperiale.
La cerimonia di insediamento e il titolo imperiale
Il 1° gennaio del calendario tradizionale Kanototori, che corrisponderebbe al 660 a.C., Jinmu assume il titolo di Hatsukunishirasu-sumeramikoto (はつくにしらすすめらみこと), che significa “Colui che per primo regge il paese”. Questo atto di proclamazione rappresenta la nascita ufficiale della monarchia giapponese.
Le fonti indicano che Jinmu, durante la cerimonia, riceve vari simboli di potere, tra cui l’arco con il corvo Kinshi e la spada sacra Futsu no Mitama, consolidando così la sua autorità sia spirituale che militare.
Consolidamento e organizzazione del regno
Con la fondazione della capitale e la proclamazione formale, Jinmu inizia a organizzare la nuova struttura statale. Non solo come sovrano militare, ma anche come figura religiosa e simbolica, rappresenta l’unione tra il mondo terreno e quello divino.
Le antiche fonti descrivono la creazione di un sistema amministrativo rudimentale, l’istituzione di rituali sacri e la promozione di una religiosità politeista che pone al centro la dinastia imperiale come discendente diretta degli dèi.
Il mito non manca di menzionare le alleanze con clan locali e l’integrazione di pratiche religiose di varie regioni, evidenziando il ruolo unificante dell’imperatore.
Significato storico e culturale
Sebbene non esistano prove archeologiche che attestino la reale esistenza di Jinmu o della prima capitale a Kashihara, la tradizione mitologica ha avuto un impatto duraturo sulla storia giapponese.
Il mito della fondazione e dell’insediamento imperiale è stato utilizzato nei secoli per giustificare la legittimità della dinastia, rafforzare l’identità nazionale e promuovere l’unità politica.
Dopo la Restaurazione Meiji, in particolare, la figura di Jinmu venne esaltata come simbolo dell’antichità e della continuità dello Stato giapponese, diventando un pilastro del nazionalismo e del culto imperiale.
Mogli, discendenza e rapporti familiari
Ahiratsu-hime: la prima moglie e la connessione divina
Jinmu sposò Ahiratsu-hime (吾平津姫), una figura di grande rilievo, perché figlia del dio Ōmononushi (大物主神), una divinità associata alla terra e alla protezione della regione di Yamato. Questa unione non fu solo matrimoniale ma soprattutto politica e simbolica, poiché legava Jinmu alle potenti divinità locali e ai clan influenti della zona.
Da questo matrimonio nacquero due figli: Tagishimimi-no-Mikoto e Kisumimi-no-Mikoto. Tagishimimi è una figura centrale per il suo ruolo nelle prime lotte di successione, in particolare nel tentativo di usurpare il potere dai figli della seconda moglie di Jinmu. Questi eventi sono tra i primi episodi di conflitto all’interno della corte imperiale, dove sangue divino e potere si intrecciano indissolubilmente.
Himetataraisuzu-hime: la seconda moglie e i legami con i clan artigiani
Una seconda moglie di Jinmu, Himetataraisuzu-hime (媛蹈鞴五鈴媛), è una figura altrettanto importante, benché meno conosciuta. La sua origine è associata alla famiglia di tatara, ovvero ai maestri artigiani specializzati nella lavorazione del ferro e nella produzione di lame e utensili di qualità elevata. Il suo nome e legami fanno riferimento alla regione di Kumano, famosa per la sua tradizione metallurgica e artigianale.
Da lei nacque Kamuyamato-nakawamimi (神日本磐余彦), che in seguito sarebbe diventato il secondo imperatore, noto come Sujin-tennō (崇神天皇). La sua discendenza legittima e il suo ruolo nell’eredità imperiale segnano la continuità della linea dinastica, sottolineando l’importanza di questa unione per il consolidamento del potere.
Intrighi e lotte di successione
Le fonti antiche, in particolare il Kojiki, raccontano di episodi drammatici legati alla famiglia imperiale. Il figlio maggiore, Tagishimimi, si oppose ai fratellastri nati dalla seconda moglie e tentò di ucciderli per assumere il controllo del trono. Inoltre, cercò persino di sposare la matrigna, Himetataraisuzu-hime, per rafforzare la sua posizione.
Tuttavia, questa congiura fallì grazie all’intervento della madre di Jinmu, che intonò una canzone rivelatrice, un mezzo tradizionale per comunicare segreti o avvertimenti nella corte. Questo episodio, dalle tinte tragiche, mostra la complessità delle dinamiche interne al primo impero, dove la lotta per il potere si mescola con motivi religiosi e simbolici.
Il ruolo delle mogli e il contesto culturale
Le due mogli di Jinmu rappresentano molto più che semplici figure familiari: incarnano i legami tra l’imperatore e diverse componenti della società giapponese antica.
• Ahiratsu-hime, con la sua discendenza divina e il legame con il dio Ōmononushi, simboleggia il potere sacro e la connessione con le divinità locali che garantiscono la prosperità e la protezione del regno.
• Himetataraisuzu-hime rappresenta invece la componente tecnica e culturale, legata ai clan artigiani e alle innovazioni tecnologiche cruciali per lo sviluppo della società, come la lavorazione del ferro e la produzione di armi.
Queste alleanze matrimoniali dimostrano come l’imperatore, anche nella leggenda, fosse un punto di convergenza tra sacro, politico e culturale, elemento fondamentale per l’unificazione e la stabilità del regno nascente.
La discendenza e la continuità della dinastia
Da queste unioni nacquero i primi eredi della dinastia imperiale, i cui destini furono segnati da lotte, tragedie e infine da una successione che avrebbe dato origine alla dinastia storica. La figura di Kamuyamato-nakawamimi, figlio di Himetataraisuzu-hime, è particolarmente importante perché rappresenta la trasmissione legittima del potere.
Il mito vuole che egli sia il successore naturale e divino, rafforzando così l’idea che la dinastia imperiale giapponese discenda direttamente da figure celesti e che il potere sia sacro e indissolubile.
Implicazioni politiche e culturali dei miti familiari
Questi racconti non sono solo narrazioni epiche o leggende folkloristiche. Essi servono a legittimare il potere imperiale, giustificando la monarchia come istituzione sacra fondata su una genealogia divina e politicamente strategica.
Attraverso queste storie, si rafforza la percezione di un impero unificato che nasce non solo dal potere militare ma dalla sacralità del sangue, dall’alleanza tra clan, dalla tradizione e dalla continuità storica.
Continua…

