
L’Ohaguro (お歯黒): Tradizione, estetica e identità nel Giappone premoderno
L’Ohaguro (お歯黒): Tradizione, estetica e identità nel Giappone premoderno
Introduzione
L’Ohaguro (お歯黒), letteralmente “denti neri”, è un’antica pratica estetica e simbolica giapponese che consisteva nell’annerire i denti con una soluzione a base di limatura di ferro (鉄粉 teppun) disciolta in aceto (su 酢) o tè. Più che una semplice consuetudine cosmetica, l’Ohaguro rifletteva valori culturali profondi, legati alla salute, alla bellezza e alla lealtà. Diffusasi principalmente tra il periodo Heian (平安時代, 794–1185) e l’inizio del periodo Meiji (明治時代, 1868–1912), essa toccò l’aristocrazia, i samurai, e le donne sposate, fino a scomparire sotto la spinta della modernizzazione e dell’occidentalizzazione.
Etimologia e significato culturale
Il termine ohaguro è composto da tre elementi:
• お (o): prefisso onorifico che denota rispetto;
• 歯 (ha): dente;
• 黒 (kuro): nero.
In origine, però, si usava il termine hagurome (歯黒め), termine antico soppiantato gradualmente durante il periodo Edo (江戸時代, 1603–1868) nel contesto del nyōbō kotoba (女房言葉), ovvero il “linguaggio delle dame di corte”, una forma di linguaggio cerimoniale utilizzata dalle donne nobili. La nobilitazione del termine riflette il valore estetico e simbolico dell’usanza: in una cultura in cui il nero lucido era considerato raffinato – come nella laccatura degli oggetti o nella tintura dei kimono (着物) – i denti neri simboleggiavano eleganza e controllo del proprio aspetto.
Storia e diffusione della pratica
Origini aristocratiche
Le prime attestazioni dell’Ohaguro risalgono al periodo Heian. Il celebre romanzo cortese Genji Monogatari (源氏物語) di Murasaki Shikibu (紫式部) menziona donne con denti anneriti, e il racconto Mushi Mezuru Himegimi (虫めづる姫君), parte dello Tsutsumi Chūnagon Monogatari (堤中納言物語), descrive in chiave satirica una principessa che, per via della sua scelta di non tingersi i denti, appare sgradevole e poco femminile agli occhi degli altri. L’accusa più dura è quella rivolta alla sua bocca: i denti “brillavano orribilmente” al naturale, e una fanciulla li paragona a “bruchi senza pelle” (肌なき虫).
Rito di passaggio e simbolo di maturità
Col tempo, l’Ohaguro divenne un rituale di transizione per le ragazze adolescenti e i giovani samurai. Al compimento della cerimonia del genpuku (元服), una sorta di iniziazione alla vita adulta, i giovani di famiglie nobili o guerriere annerivano i denti come segno di maturità e di appartenenza al proprio lignaggio. La pratica era comune anche tra le dame di corte e mantenuta fino alla fine del periodo Edo.
Tra i samurai (侍), l’Ohaguro acquisì connotazioni ancora più profonde: il nero era simbolo di fedeltà (chūgi 忠義) e devozione. Annerire i denti significava, in certi contesti, dichiarare pubblicamente la propria lealtà assoluta a un signore feudale. È noto che i shikken (執権, reggenti dello shōgun) e membri di famiglie come i Minamoto (源氏) o i Hōjō (北条) adottassero questa pratica in segno di fedeltà dinastica.
Declino e abolizione
La fine dell’Ohaguro fu decretata, sebbene non formalmente, con l’arrivo dell’epoca Meiji, quando la classe dirigente promosse un’ampia occidentalizzazione del Giappone. Nel 1870 il governo proibì l’Ohaguro agli uomini, mentre nel 1873 l’imperatrice Shōken (昭憲皇后) apparve in pubblico con i denti bianchi, stabilendo un nuovo canone estetico. L’effetto fu dirompente: nel giro di pochi decenni, l’usanza si estinse quasi ovunque, sopravvivendo solo tra le donne anziane nelle zone rurali fino agli inizi del periodo Taishō (大正時代, 1912–1926).
Aspetti funzionali e medici
Oltre al valore simbolico, l’Ohaguro aveva anche una funzione protettiva. La soluzione di limatura di ferro e aceto, chiamata kanemizu (鉄漿水), reagiva con l’ossigeno formando una sostanza nera simile a una vernice, capace di isolare i denti e prevenire la carie. In un contesto privo di odontoiatria moderna, l’Ohaguro costituiva dunque anche una forma rudimentale di igiene orale.
Superstizioni, folklore e leggende
Ohaguro Bettari (お歯黒べったり)
Nella raccolta Tōhoku Kaidan no Tabi (東北怪談の旅) di Yamada Norio, viene raccontata la leggenda dell’Ohaguro Bettari, uno yōkai (妖怪, spirito soprannaturale) dall’aspetto femminile e tradizionalmente abbigliato, il cui volto appare privo di lineamenti tranne per una bocca spalancata e colma di denti neri. È una variante della noppera-bō (のっぺらぼう), il fantasma “senza volto”, e simboleggia l’orrore della bellezza distorta, il timore dell’inganno dietro le apparenze.
La sorgente miracolosa di Himeshima
Secondo un’antica leggenda dell’isola di Himeshima (姫島), la dea Himegami (姫神), fuggendo dal principe Tsunuga Arashito (角鹿荒人), si fermò per applicare l’Ohaguro. Non trovando acqua per sciacquarsi la bocca, batté le mani e fece sgorgare una sorgente, chiamata da allora Ohaguro Mizu (お歯黒水, “acqua per l’Ohaguro”). Questo mito collega la pratica a poteri divini e alla sacralità dell’acqua, mostrando come il gesto quotidiano potesse essere trasfigurato in atto magico e rituale.
Conclusioni
L’Ohaguro rappresenta un caso emblematico di pratica estetica divenuta espressione culturale, identitaria e simbolica. Dal contesto aristocratico a quello contadino, dall’igiene orale al vincolo di lealtà, questo rituale ha attraversato secoli di storia giapponese fino al suo tramonto nella modernità. Oggi, sopravvive sporadicamente nelle rappresentazioni teatrali del kabuki (歌舞伎), nei film storici (jidai-geki) e nelle rievocazioni folkloristiche.
Glossario
Termine Giapponese Kanji / Kana Significato
Ohaguro お歯黒 Denti neri
Hagurome 歯黒め Antico termine per Ohaguro
Kanemizu 鉄漿水 Soluzione per annerire i denti
Nyōbō kotoba 女房言葉 Linguaggio delle dame di corte
Genpuku 元服 Cerimonia di maturità
Chūgi 忠義 Lealtà, fedeltà
Yōkai 妖怪 Spirito soprannaturale
Noppera-bō のっぺらぼう Fantasma senza volto
Himegami 姫神 Divina principessa
Ohaguro Mizu お歯黒水 Acqua per l’Ohaguro
Bibliografia
• Murasaki Shikibu. Genji Monogatari (源氏物語), XI secolo.
• Tsutsumi Chūnagon Monogatari (堤中納言物語), periodo Heian.
• Yamada Norio. Tōhoku Kaidan no Tabi (東北怪談の旅), Kōdansha, 1987.
• Frederic, Louis. Japan Encyclopedia, Harvard University Press, 2002.
• Keene, Donald. Seeds in the Heart: Japanese Literature from Earliest Times to the Late Sixteenth Century, Columbia University Press, 1999.
• Shirane, Haruo. Traditional Japanese Literature: An Anthology, Beginnings to 1600, Columbia University Press, 2007.


