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Museo d’Arte Orientale Venezia: il tesoro nascosto che vi lascerà senza fiato

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Avete mai sognato di trovarvi faccia a faccia con samurai in armatura scintillante nel cuore di Venezia? O di scoprire i segreti di una portantina dorata che potrebbe essere appartenuta a una principessa perduta del Giappone feudale?
Il Museo d’Arte Orientale di Venezia è quel tipo di posto che vi farà innamorare. Nascosto al terzo piano del magnifico Ca’ Pesaro che custodisce la più importante collezione europea di arte giapponese del periodo Edo – e credeteci, è molto più affascinante di quanto si possa immaginare.
C’è un silenzio particolare che avvolge questo museo, non il silenzio del vuoto, dei luoghi abbandonati, ma quello denso, della memoria, che profuma di incenso antico e di segreti custoditi per secoli. È quello dei templi all’alba, dei passi felpati delle geishe sui tatami, o è quello che echeggiava nelle armerie dei samurai.

Una storia che sembra un romanzo d’avventura e d’amore

Tutto inizia con un principe dalla curiosità insaziabile. Enrico di Borbone di Parma, tra il 1887 e il 1889, decide di intraprendere quello che oggi chiameremmo il viaggio della vita: un lungo tour in Estremo Oriente che lo portò a visitare Sumatra, Cina e Giappone durante l’era Meiji, quando il paese si stava aprendo al mondo dopo secoli di isolamento.
Era il 1887 quando questo principe italiano dal cuore inquieto mise piede su una nave diretta verso l’ignoto, sentendo il richiamo di terre che nessun europeo aveva mai davvero conosciuto. Immaginate i suoi passi nelle strade di Tokyo o Kyoto che profumavano di legno di cedro e incenso, i suoi occhi che si spalancano davanti a kimono dipinti dal vento, o spade che riflettono l’anima dei guerrieri.
Per nove mesi visse immerso in quel mondo parallelo, raccogliendo non oggetti, ma frammenti di tempo cristallizzato. Ogni pezzo che acquistava porta ancora con sé l’eco di una vita vissuta: il pettine di una geisha , l’armatura di un samurai, oppure una tazza da tè.
È durante queste tappe che raccoglie la vasta collezione che oggi ammiriamo – oltre 30.000 opere d’arte – praticamente un’intera cultura! Tornò in Europa con questi tesori, ma soprattutto con il silenzio dell’Oriente che aveva imparato ad ascoltare.

Dal palazzo privato al museo per tutti

La collezione rimane privata fino alla morte del principe. Nel 1907, viene allestita al secondo piano di Palazzo Vendramin Calergi, allora di proprietà della famiglia. Fu solo dopo la Prima Guerra Mondiale la raccolta fu incamerata dallo Stato italiano e, tra il 1925 e il 1928, Nino Barbantini – un visionario dell’epoca – crea un allestimento così scenografico a Ca’ Pesaro che ancora oggi, quasi un secolo dopo, ancora lascia a bocca aperta.
Nel 1928 nasce ufficialmente il primo museo statale d’arte orientale d’Italia, un traguardo che ha reso accessibili a tutti noi questi tesori dell’Estremo Oriente; e quel silenzio ora lo ritroviamo nelle sale di Ca’ Pesaro.

L’ingresso che non dimenticherete mai

Preparatevi, perché lo spettacolo inizia già dall’ingresso. Salendo lentamente le scale di Ca’ Pesaro e sentirete il rumore della città che si spegne gradualmente, Venezia sembra che vi stia preparando al lungo viaggio. E poi, improvvisamente, il primo incontro vi mozzerà il fiato.

Il Drago sospeso nel tempo

Vi fermerete di colpo, perché lì davanti a voi si erge una straordinaria scultura in bronzo del periodo Meiji che sfida il tempo. È un miracolo fatto di bronzo e silenzio che racchiude l’intera cosmologia orientale.
Alla base, un drago dalle squame perfettamente cesellate solleva la testa verso l’infinito. Dalla sua bocca sgorga quello un getto d’acqua cristallizzato nell’eternità – il soffio vitale che nella filosofia orientale muove l’universo e che qui, nel bronzo, è diventato eterno.
Questo respiro metallico sostiene un vaso che fluttua nell’aria decorato con una scena che vi ipnotizzerà.
I manici del vaso sono draghi gemelli, ognuno con squame talmente dettagliate che nel silenzio della sala sembra sentirne il fruscio. E in cima, un’aquila dalle ali maestose che anche se non volerà mai, porta con sé tutta la libertà del cielo. Questo drago giapponese che si avvolge in spirali, sormontato da un’aquila dalle ali spiegate, sembra dare al tempo stesso sia un avvertimento che il benvenuto in un mondo parallelo.

Il corridoio d’onore delle Naginata

Proseguendo, sulle scale troverete il corridoio delle naginata – due ali di alabarde giapponesi che vi accompagnano lungo le scale come guardie silenti. È come un corridoio d’onore che vi sta scortando verso tesori inimmaginabili. Salendo il silenzio si fa sempre più denso, più antico. Potete quasi immaginare l’eco di passi di guerrieri, i loro cavalli, il sussurro delle lame che tagliavano il vento quando erano ancora vive nelle mani dei loro padroni.

L’Assemblea degli Immortali

E poi, sul pianerottolo centrale, vi aspetta l’incontro che non dimenticherete mai: sei armature complete del periodo Edo disposte come in un consiglio di guerra eterno. Disposte con una teatralità che fa venire i brividi – sembrano guardie silenti che custodiscono i segreti del museo.
Non semplici reperti; ma presenze.

Ognuna racconta di un samurai che ha vissuto secondo il bushido, delle sue battaglie, combattute quando l’onore valeva più della vita. Nel silenzio assoluto della sala, queste armature respirano ancora. I caschi ornati riflettono una luce che sembra venire da un altro mondo.

I Misteri che vi terranno incollati alle teche

La portantina della “Principessa Perduta”

Proseguendo la storia diventa intrigante.

Nella collezione si trova l’unica portantina giapponese per dama esistente in Italia – un gioiello della mobilità nobiliare che nasconde un mistero irrisolto.
Nella Sala IV “nel cuore” del museo, riposano i suoi segreti più fitti.

La portantina per dama (onna norimono) – unica in Italia – non è solo un mezzo di trasporto, ma una camera di misteri che nessuno è ancora riuscito a svelare completamente.
Questa rara portantina per dama risale al Periodo Edo (1603-1868), un’epoca di grande raffinatezza artistica ma anche di rigida gerarchia sociale. Un oggetto del genere era uno status symbol riservato a figure di altissimo rango.
Osservate attentamente i pannelli decorativi: tra le lacche dorate e i motivi floreali si nasconde un simbolo familiare misterioso (chiamato mon in giapponese) che gli esperti stanno ancora cercando di decifrare. Di quale clan nobiliare si tratta? Quale dama di corte viaggiava in questa portantina dorata? Quale tragedia d’amore o intrigo di corte portava con sé quando viaggiava?

Il mistero dello stemma è la chiave del cold case: lo stemma applicato sulla portantina non è stato ancora collegato a una casata conosciuta o è talmente raro da rendere difficile l’attribuzione. Secondo gli studiosi, potrebbe essere appartenuta a una principessa del periodo Edo di cui si sono perse completamente le tracce storiche.
Nel silenzio della sala, questa portantina sembra ancora essere in attesa – come se la sua proprietaria dovesse tornare da un momento all’altro per riprendere un viaggio interrotto dal tempo. Questo “cold case storico” rimane uno dei punti focali per gli studiosi del museo e accresce il valore narrativo di questo pezzo di eccezionale rarità.

I guardiani silenziosi del Periodo Kamakura

Oltre alla portantina, un altro tesoro che cattura lo sguardo si trova nella Sala IV: due imponenti statue lignee policrome che raffigurano due dei dodici generali celesti del Buddha della medicina. Risalenti al turbolento periodo Kamakura (1185-1333), queste figure emanano una potenza straordinaria.
Osservando i loro volti accigliati, le finiture minuziose delle armature e la mimica dei corpi, ci si interroga sulla maestria degli artigiani che, quasi otto secoli fa, riuscirono a infondere tale vita e storia nel legno. Sono guardiani che sembrano custodire non solo il museo, ma anche i segreti di un’intera epoca.

Proseguendo il nostro tour.

La scacchiera che nasconde segreti

Un altro enigma affascinante è la magnifica scacchiera in lacca e avorio che trovate nella Sala IX. Ancor più misteriosa è questa scacchiera in lacca e avorio della famiglia Borbone. Nel silenzio assoluto che la circonda, i pezzi bianchi d’avorio sembrano fantasmi che danzano contro i pezzi rossi di lacca – anime di fuoco in una partita che dura da secoli.
La scacchiera è di manifattura cinese, risalente alla dinastia Qing (XVIII-XIX secolo), realizzata in legno, lacca e avorio, con pedine finemente intagliate. I pezzi bianchi in avorio brillano come perle contro i pezzi rossi in lacca che sembrano piccole fiamme. Ma è la scacchiera stessa a catturare l’attenzione: un tessuto geometrico di quadrati che crea un effetto ottico ipnotico.
Le proporzioni non seguono la logica occidentale – questo gioco parla una lingua più antica, sussurra di tradizioni ludiche orientali che si sono mischiate misteriosamente con l’arte europea. L’enigma non risiede tanto nella sua funzione, quanto nel suo contesto. Creata in Cina, probabilmente per il mercato europeo o come dono diplomatico, unisce l’estetica e i materiali pregiati dell’arte cinese con il gioco degli scacchi, più tipicamente occidentale.
Le domande che rimangono aperte sono: chi fu il committente? Quale percorso ha fatto per arrivare nella collezione Borbone? Chi mosse l’ultima pedina? Quale partita attende ancora di essere conclusa? La sua presenza testimonia i primi scambi culturali e commerciali di lusso tra Oriente e Occidente.

Arte che racconta storie di vita

Il mondo delle geisha e delle dame di Corte

Nelle sale dedicate alla vita femminile, il silenzio cambia tonalità. Diventa più dolce, profumato di polvere di riso e fiori di ciliegio. La sezione dedicata alla vita femminile giapponese è un tripudio di colori e raffinatezza. I kimono in seta ricamata sono autentici dipinti viventi – ogni motivo racconta una stagione, ogni simbolo porta fortuna o trasmette un messaggio. Qui riposano i kimono in seta ricamata che un tempo danzarono in giardini di luna, ognuno una poesia tessuta che racconta di stagioni amate e di cuori che hanno battuto secoli fa.
Le lacche makie dorate dei corredi nuziali sono ancora più spettacolari: contengono oro vero macinato finissimo, applicato con tecniche segrete tramandate per generazioni. Brillano di una luce che sembra venire dall’interno, come polvere di stelle. Quando la luce le colpisce nell’angolo giusto, sembrano prendere vita e brillare di luce propria. Quando un raggio di sole le accarezza, nel silenzio della sala potete quasi sentire il fruscio delle vesti di seta delle spose che le possedevano.

Il diario intimo della bellezza

Ma c’è un tesoro nascosto che merita una menzione speciale: la collezione di pettini in legno laccato, madreperla e osso. Avvicinatevi con reverenza, perché questi non erano semplici strumenti di bellezza – erano reliquiari dell’intimità femminile.
Ogni incisione floreale sussurra di mattine trascorse davanti a specchi di bronzo lucido, ogni mon (stemma familiare) racconta di lignaggi che si perdono nella notte dei tempi. Alcuni pettini possono conservare incisioni poetiche – haiku d’amore che solo la proprietaria sapeva leggere, segreti tatuati nel legno che hanno attraversato i secoli portando con sé l’eco di risate felici e lacrime nascoste.
Questi pettini non decoravano solo i capelli, ma custodivano i segreti più intimi delle dame di corte: dichiarazioni d’amore incise nei denti del pettine, simboli familiari che raccontavano di alleanze e tradimenti, motivi floreali che indicavano il rango sociale e lo stato civile della proprietaria.

Samurai: guerrieri e artisti

La collezione di armature samurai è probabilmente la più ricca d’Europa. Il museo ne possiede ben cinquanta, anche se la gran parte è conservata nel deposito per motivi di conservazione. Le armature, infatti, come molti altri pezzi della collezione, sono estremamente sensibili alla luce solare. Per questo, i pezzi esposti sono spesso protetti da pannelli e vengono fatti ruotare periodicamente, garantendo ai visitatori scoperte sempre nuove e preservando al contempo la loro integrità.
Ma quello che colpisce non è solo la quantità – è la bellezza artistica di ogni pezzo. Questi non erano semplici strumenti di guerra, ma capolavori di oreficeria militare.
La collezione di spade è uno spettacolo. Ogni katana riflette non solo la luce, ma l’anima di chi la impugnò. Le tsuba cesellate sono mandala di metallo dove ogni simbolo racconta di filosofie di guerra diventate arte, di morte trasformata in bellezza. Nel silenzio della sala, potete quasi sentire il sibilo del vento che accompagnava questi tagli perfetti, l’ultimo respiro di fogli di carta tagliati nell’aria per testare la lama, il fruscio della seta quando la spada tornava nel fodero dopo aver compiuto il suo dovere.
Gli elmi ornati e le spade dal filo perfetto con tsuba cesellate, e quella spettacolare esposizione verticale di katana che sembra una cascata d’acciaio scintillante, ogni pezzo racconta la storia di un guerriero, di una famiglia, di un’epoca.

L’universo sonoro cristallizzato

Altro momento emozionante: l’incontro con gli strumenti musicali tradizionali che hanno perso la voce ma non l’anima. Questa sezione del museo è un tesoro spesso trascurato dai visitatori, perché attratti dall’incanto dei kimono, ma rappresenta una delle collezioni più affascinanti e complete d’Europa.
Il koto – l’arpa orizzontale dalle corde di seta – silenzioso, ma basta guardarlo per sentire l’eco delle melodie che accarezzavano i giardini imperiali all’ora del tramonto. Questo strumento lungo quasi due metri, realizzato in legni pregiati e decorato con intarsi in madreperla, era il simbolo dell’educazione raffinata delle dame di corte. Le sue tredici corde di seta producevano suoni che, secondo la tradizione, potevano far piangere anche i kamidan (gli spiriti della natura).
Il shamisen – il liuto a tre corde che accompagnava le geishe. Nel silenzio assoluto che lo circonda, si può sentire il pianto dolce delle sue corde quando raccontavano amori impossibili nelle case da tè di Kyoto. La cassa armonica, ricoperta di pelle di cane o gatto, e il manico in legno di palissandro erano decorati con simboli che indicavano il rango e la specializzazione della musicista.
Il misterioso shō – organo a bocca composto da canne di bambù. Nelle cerimonie gagaku della corte imperiale, il suo suono apriva le porte tra il mondo dei vivi e quello degli spiriti. Le diciassette canne di bambù, disposte a forma di fenice, creavano accordi che la teoria musicale occidentale non riesce ancora a spiegare completamente.

L’arte cinese

La sezione cinese respira di un silenzio diverso – più austero, più cerimoniale. È il silenzio delle Città Proibite, dove ogni sussurro poteva costare la vita e ogni oggetto doveva essere perfetto per essere degno dello sguardo del Figlio del Cielo.
La sezione cinese vi trasporterà nella corte imperiale. Le porcellane su fondi blu cobalto sono di una bellezza che lascia senza fiato – ogni pezzo era destinato ai palazzi imperiali e oggi potete ammirarle a pochi centimetri di distanza. Le porcellane imperiali brillano di una perfezione glaciale. Create in forni che bruciavano giorno e notte per anni, da ceramisti che dedicarono intere vite alla ricerca del blu perfetto.
I paraventi pieghevoli con scene narrative raccontano storie infinite: ogni pannello è un mondo, ogni pennellata un respiro d’eternità. Guardandoli nel silenzio assoluto della sala, potete sentire il fruscio della seta dei vestiti imperiali, il tintinnio delicato dei gioielli di giada, l’eco di passi che camminavano su pavimenti mai calcati da piedi comuni.

Magia e spiritualità

In queste sale il silenzio si profuma di incenso di sandalo e fiori di loto. I Buddha tailandesi in bronzo dorato con i loro parasoli cerimoniali creano un’atmosfera mistica che vi avvolgerà completamente. I Buddha tailandesi in bronzo dorato meditano da secoli, e nel silenzio perfetto del museo la loro serenità diventa contagiosa. I parasoli cerimoniali che li sovrastano proiettano ombre che sembrano benedizioni cristallizzate. Le sculture in posizione meditativa sembrano invitarvi alla contemplazione.
Ma i kris indonesiani dalle lame serpentine a portare un tocco di mistero esotico. I kris indonesiani dalle lame serpentine portano con sé leggende di regni perduti nelle foreste tropicali. Ogni curva di queste lame simboliche racconta leggende di terre lontane, di rituali dimenticati, di re-sciamani che parlavano con gli spiriti attraverso la danza ondulante di queste lame magiche. Ogni curva del metallo racconta di rituali dimenticati, di re-sciamani che parlavano con gli spiriti attraverso la danza ondulante di queste lame magiche.
Le marionette wayang kulit del teatro delle ombre giavanese sembrano danzare nelle loro teche. Le marionette wayang kulit del teatro delle ombre giavanese aspettano immobili nelle loro teche, ma nel silenzio sacro del museo sembrano quasi danzare. Portano con sé l’eco di notti infinite dove le loro ombre raccontavano epopee infinite sotto la luce tremula delle lampade a olio.

Informazioni pratiche (quelle che servono davvero)

Dove: Ca’ Pesaro, Santa Croce 2076, Venezia

Il percorso: Vaporetto Linea 1, fermata San Stae (2 minuti di cammino contemplativo a piedi)

Gli orari:

Biglietti:

Visitare un sogno

Il Museo d’Arte Orientale non è il solito museo polveroso pieno di oggetti dentro teche. È un viaggio nel tempo che vi catapulta in mondi lontani, pieno di misteri da risolvere e storie da scoprire.
Lasciate a casa la fretta del turista e portate con voi la pazienza del monaco zen. Questo non è un museo da “vedere” – è un mondo da sentire.
Camminate lentamente. Respirate il silenzio, l’atmosfera. Lasciate che ogni oggetto vi racconti la sua storia senza parole. Nel riflesso di una lama di katana potreste vedere il volto di un samurai che non c’è più. Nel luccichio di una lacca dorata potreste sentire la risata di una principessa che danza da secoli nei vostri sogni.
Ogni visita è diversa perché molte opere ruotano dai depositi, garantendovi sempre nuove scoperte. E con 12.227 oggetti già digitalizzati e consultabili online, il viaggio può iniziare anche prima di mettere piede nel museo.
Dedicate almeno tre ore a questo viaggio nel tempo. Sedetevi di fronte alle armature e ascoltatele respirare. Perdete lo sguardo nei motivi infiniti dei kimono e lasciate che vi portino in giardini che esistono solo nella memoria del mondo.
È quel tipo di posto che vi cambierà la prospettiva sull’arte orientale. Non più “roba esotica difficile da capire”, ma storie di persone che hanno vissuto, amato, combattuto e creato bellezza in terre lontane.

Il museo si trasforma

Il museo sta aspettando con trepidazione il cambiamento più importante della sua storia.

Il trasferimento nella ex chiesa di San Gregorio alla Salute.

Un progetto da 10 milioni di euro che triplicherà gli spazi espositivi, permettendo di mostrare finalmente gran parte delle 30.000 opere oggi conservate nei depositi.
Presto, si auspica, questo silenzio sacro si trasferirà nella ex chiesa di San Gregorio alla Salute. Un trasloco che non è solo logistico, ma spirituale – come se i fantasmi dell’Oriente si preparassero a danzare sotto volte gotiche, creando un dialogo poetico tra due eternità.

Stato del progetto: Nel luglio 2023, il Consiglio comunale di Venezia ha dato il via libera definitivo al progetto, superando alcune difformità urbanistiche e perfezionando l’intesa Stato-Regione. La gara d’appalto è stata aggiudicata e il progetto esecutivo è in fase avanzata.
La nuova sede triplicherà lo spazio espositivo, passando dai circa 600 mq attuali a quasi 2.000 mq, permettendo finalmente di esporre una porzione molto più vasta delle oltre 30.000 opere della collezione.
Il progetto è architettonicamente rivoluzionario. Per non alterare la struttura gotica della chiesa, verrà inserita al suo interno una struttura espositiva indipendente su tre livelli, realizzata in carpenteria metallica e vetro. Questo “macro-oggetto” sarà semplicemente poggiato sul pavimento, lasciando visibili le pareti, l’abside e le magnifiche capriate lignee della chiesa, creando un dialogo suggestivo tra l’architettura storica e l’arte orientale.
C’è una “corsa contro il tempo”, con la necessità di terminare i lavori entro il 2025 per non perdere i finanziamenti stanziati.
Sarà l’occasione unica per vedere nascere qualcosa di unico al mondo: un museo dove l’arte orientale troverà casa in un tempio cristiano, dove due silenzî sacri si fonderanno in un’armonia mai sentita prima. Sarà un’occasione unica per vedere nascere un museo del futuro, dove l’architettura gotica si sposerà con l’arte orientale in un dialogo poetico tra Oriente e Occidente.

Prima d’iniziare il viaggio

Preventivate almeno 2-3 ore e non abbiate fretta. Questo non è un museo da “mordi e fuggi” – è un posto dove perdersi tra storie e misteri. Portate la curiosità di bambini e lo stupore di chi scopre un mondo nuovo.
Quando uscirete dal museo, fermatevi un momento sul terzo piano di Ca’ Pesaro. Guardate il Canal Grande che scorre sotto di voi come è scorso per secoli, portando mercanti e sognatori, principi e pellegrini.
Respirate l’aria veneziana che sa di sale e storia, ma portate con voi negli occhi la luce dorata delle lacche giapponesi, il blu profondo delle porcellane imperiali, il bronzo eterno delle sculture che sfidano il tempo.
E quando uscirete, guardando il Canal Grande dal terzo piano di Ca’ Pesaro, capirete perché Venezia è sempre stata il ponte perfetto tra Oriente e Occidente.
Il silenzio dell’Oriente che avete imparato ad ascoltare in quelle sale non vi abbandonerà mai più. Lo ritroverete nelle mattine di nebbia, nei tramonti che sembrano dipinti a inchiostro, in tutti quei momenti in cui il mondo si ferma e voi, finalmente, saprete sentire l’eternità che respira.
I misteri della collezione continuano a essere un campo di studio attivo che affascina visitatori e ricercatori, mentre il futuro del museo si prospetta radioso, con una nuova sede monumentale che permetterà di valorizzare appieno uno dei più importanti tesori d’arte orientale in Europa.

📞 +39 041 524 1173

📧 drm-ven.orientale@cultura.gov.it

🌐 orientalevenezia.beniculturali.it
Nel silenzio di Ca’ Pesaro, l’Oriente vi aspetta. Non per essere visto, ma per essere sentito. Non per essere capito, ma per essere vissuto. Il viaggio nell’Estremo Oriente inizia a Ca’ Pesaro. Il Museo d’Arte Orientale vi aspetta per condividere la magia di questo ponte culturale unico al mondo.

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