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Buddhismo giapponese, Jizō Bosatsu

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Il presente articolo offre un’analisi integrata e approfondita della figura di Jizō Bosatsu (地蔵菩薩) nel contesto del Buddhismo giapponese, unendo le prospettive di due studi distinti. La prima sezione esplora le origini indiane e l’evoluzione storico-culturale di Jizō in Giappone, delineando il suo ruolo multifunzionale di protettore dei bambini, delle anime dei defunti e dei viaggiatori. La seconda sezione si concentra specificamente sulle manifestazioni di Ryoen Jizō (良縁地蔵), investigando il loro significato come facilitatori di “buone connessioni” interpersonali e il loro posto nelle pratiche devozionali contemporanee. L’analisi congiunta permette di evidenziare la versatilità e l’adattabilità di Jizō, sottolineando come la sua figura incarni la compassione mahayana e si integri profondamente nel sincretismo religioso giapponese, offrendo conforto e speranza in diverse sfere della vita umana.

La poliedrica figura di Jizō Bosatsu

Nel vasto e variegato pantheon del Buddhismo giapponese, Jizō Bosatsu (地蔵菩薩) emerge come una delle figure più universalmente riconosciute e venerate. La sua ubiquità, manifestata dalle innumerevoli statue disseminate in ogni angolo del Giappone – dai paesaggi rurali ai crocevia urbani, dai cimiteri ai templi – testimonia il suo profondo radicamento nella religiosità popolare. Lungi dall’essere una divinità distante, Jizō è percepito come un bodhisattva accessibile e profondamente compassionevole, un “amico” che si china a sostenere gli esseri senzienti nei loro momenti di maggiore vulnerabilità.

Il presente studio si propone di unire e approfondire la comprensione di questa complessa figura, attingendo alle informazioni fornite da due testi che, sebbene non originariamente concepiti come complementari, offrono un quadro esaustivo di Jizō.

Il primo testo “Jizō Bosatsu (地蔵菩薩):

“Il Bodhisattva della Terra e Guardiano delle Anime” nel contesto religioso giapponese” fornisce un’ampia panoramica delle sue origini, del suo sviluppo e dei suoi ruoli primari nel Buddhismo giapponese.

Il secondo testo “Ryoen Jizo (良縁地蔵):

“I Guardiani Silenziosi della Compassione” si concentra su una specifica, ma significativa, manifestazione, i Ryoen Jizō, dedicati alla promozione di “buone connessioni” interpersonali. L’analisi integrata di questi due aspetti consentirà di apprezzare appieno la versatilità e la profonda risonanza di Jizō nella cultura spirituale giapponese.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Origini, sviluppo e ruoli fondamentali di Jizō Bosatsu

Le radici di Jizō affondano nel Buddhismo indiano, dove è conosciuto come Kṣitigarbha, termine che si traduce letteralmente come “Tesoro della Terra” o “Grembo della Terra”. Già nel I secolo d.C. era menzionato in sutra mahayana, come il Kṣitigarbha Bodhisattva Pūrvapraṇidhāna Sūtra (地蔵菩薩本願経, Jizō Bosatsu Hongan Kyō in giapponese). In questi testi, Kṣitigarbha è caratterizzato dalla sua promessa di non raggiungere la buddhità finché non avrà liberato tutti gli esseri viventi dagli inferi, una dimostrazione di compassione e altruismo estremi che lo colloca tra i bodhisattva più dedicati al servizio degli altri.

Il culto di Kṣitigarbha giunse in Cina (come Dizàng Púsà) tra il VII e l’VIII secolo, acquisendo rapidamente popolarità per poi essere introdotto in Corea e, successivamente, in Giappone durante il periodo Nara (710-794 d.C.). In Giappone, la sua venerazione si sviluppò ulteriormente, integrandosi con le tradizioni locali e assumendo connotazioni uniche che lo resero una figura centrale nella religiosità popolare.

La specificità del culto di Jizō in Giappone risiede nella sua molteplicità di ruoli, che lo hanno reso una figura poliedrica e profondamente venerata, ovvero:

Protettore dei bambini (子育て地蔵, Kosodate Jizō)

Questo è forse il ruolo più distintivo di Jizō in Giappone. È considerato il guardiano dei bambini, sia di quelli vivi che, in particolare, delle anime dei bambini morti prematuramente o abortiti (mizuko). Si crede che Jizō protegga i bambini nel limbo di Sai no Kawara (“il fiume dei sassi”), dove sono condannati a impilare sassi per costruire torri che vengono poi distrutte dai demoni. I genitori in lutto offrono spesso a Jizō piccoli bavaglini rossi (yodarekake), cappelli e giocattoli, esprimendo gratitudine per la sua protezione.

Guida dei morti e sollevatore dalle sofferenze infernali (六道地蔵, Rokudō Jizō)

Fedele al suo ruolo originario, Jizō è il bodhisattva che discende negli inferi per alleviare le sofferenze delle anime e guidarle verso regni superiori. Le sue statue sono comunemente poste nei cimiteri per vegliare sulle tombe e accompagnare le anime. Le sue sei manifestazioni (Rokudō Jizō) simboleggiano la sua presenza in ciascuno dei sei regni dell’esistenza (celesti, asura, umani, animali, pretas, inferno), garantendo la sua assistenza universale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Protettore dei viaggiatori e dei pellegrini (道祖神地蔵, Dōsojin Jizō)

Tradizionalmente associato alla protezione di coloro che intraprendono viaggi, le sue statue sono comuni lungo le strade, ai crocevia e vicino ai ponti, fungendo da punti di riferimento e auspicio per un viaggio sicuro.

Colui che ritarda l’Illuminazione ultima per amore (延命地蔵, Enmei Jizō)

La sua promessa di non raggiungere la buddhità fino alla liberazione di tutti gli esseri lo rende un simbolo di altruismo supremo, agendo come mediatore compassionevole tra il mondo terreno e quello spirituale.

L’iconografia di Jizō è relativamente standardizzata, è solitamente raffigurato come un monaco rasato, con un’espressione serena e compassionevole. I suoi attributi principali sono il Bastone (錫杖, shakujō) nella mano destra, il cui tintinnio si dice allontani il male e apra le porte degli inferi, e la Gemma che Esalta i Desideri (宝珠, hōju o nyoihōju) nella mano sinistra, che simboleggia la sua capacità di esaudire le preghiere e illuminare l’oscurità.

Ryoen Jizō: Il facilitatore di connessioni significative

Accanto ai ruoli tradizionali, il Buddhismo giapponese ha sviluppato manifestazioni specifiche di Jizō, che rispondono a esigenze spirituali e sociali particolari. Tra queste, i Ryoen Jizō (良縁地蔵) rappresentano una declinazione significativa della figura del Bodhisattva. Il termine “Ryoen Jizō” si traduce letteralmente come “Jizō del Buon Legame” o “Jizō della Buona Connessione”, evidenziando la loro funzione come silenziosi guardiani per coloro che cercano legami significativi e un destino favorevole.

Queste statue, spesso raffigurate in coppia – una maschile e una femminile – sono venerate in specifici templi e santuari in tutto il Giappone. La loro presenza è un faro di speranza per chi desidera trovare l’amore romantico, stringere amicizie durature, stabilire relazioni professionali armoniose o, più in generale, creare connessioni che portano a fortuna e successo nella vita.

La credenza popolare attribuisce ai Ryoen Jizō il potere di:

Attirare un partner adatto

Per coloro che cercano l’amore, si ritiene che pregarli possa favorire l’incontro con l’anima gemella o rafforzare le relazioni esistenti.

Promuovere matrimoni felici

Le coppie spesso li visitano per chiedere benedizioni per un’unione duratura e armoniosa.

Costruire amicizie solide

La loro influenza si estende anche alla formazione di amicizie significative e di supporto.

 

Creare opportunità favorevoli

Al di là delle relazioni romantiche o amicali, i Ryoen Jizō sono invocati per stabilire connessioni che portano a fortuna e successo nella vita.

Le pratiche devozionali associate ai Ryoen Jizō includono il lavaggio delle statue, l’offerta di monete, incenso, fiori o bibite, e l’usanza di legare corde rosse intorno alle statue, simboleggiando il “filo rosso del destino” che unisce le persone predestinate. Le tavolette ema, dove i visitatori possono scrivere i loro desideri, sono un’altra pratica comune in questi luoghi di culto. Sebbene meno diffusi dei Jizō dedicati ai bambini defunti, i Ryoen Jizō si trovano in diversi templi in tutto il Giappone, inclusi luoghi noti come il Tempio Senso-ji a Tokyo (con divinità che favoriscono la fortuna e le connessioni) e il Tempio Hōgon-ji sull’isola di Chikubushima (associato alla buona fortuna e alle relazioni tramite Benten).

Jizō e il sincretismo religioso Giapponese: Un Esempio di Adattabilità

La figura di Jizō rappresenta un eccellente esempio del sincretismo religioso giapponese (shinbutsu shūgō), dove le tradizioni buddhiste e shintoiste hanno coesistito e si sono influenzate a vicenda per secoli. Nonostante la sua origine buddhista, la sua presenza in prossimità di santuari shintoisti o la sua associazione con le divinità locali (kami) attraverso il concetto di honji suijaku (che vedeva i kami come manifestazioni locali di Buddha e bodhisattva) ha reso la sua figura permeabile e accettabile in contesti non strettamente buddhisti. La sua associazione con le strade e i confini lo ha spesso legato ai Dōsojin (道祖神), divinità shintoiste protettrici dei confini e dei viaggiatori, a tal punto che a volte le statue di Jizō sono state assimilate o sovrapposte a quelle dei Dōsojin. Questa fusione testimonia la flessibilità della religiosità giapponese e la capacità delle figure spirituali di adattarsi alle esigenze e alle credenze popolari, consentendo a Jizō di estendere la sua protezione e influenza su un ventaglio ancora più ampio di preoccupazioni umane. La sua compassione universale trova espressione sia nel proteggere i più vulnerabili e i defunti, sia nel facilitare relazioni significative, dimostrando una notevole capacità di adattamento e risonanza culturale.

Conclusione: La rilevanza eterna di Jizō Bosatsu

Jizō Bosatsu è molto più di una semplice statua; è un simbolo profondamente radicato nella psiche religiosa giapponese. La sua capacità di unire il sacro e il profano, di offrire protezione ai più vulnerabili – dai bambini alle anime dei defunti, dai viaggiatori a chi cerca connessioni umane – e di rappresentare l’estrema compassione, lo ha reso una figura senza tempo. La sua evoluzione da una divinità indiana a un bodhisattva profondamente giapponese, integrato nel tessuto delle credenze popolari e del sincretismo religioso, testimonia la vitalità e l’adattabilità del Buddhismo nel Paese del Sol Levante.

L’umiltà della sua veste monastica contrasta con la grandezza della sua missione: guidare ogni essere senziente verso la liberazione, anche a costo di ritardare la propria illuminazione definitiva. La manifestazione dei Ryoen Jizō arricchisce ulteriormente questa figura, estendendo la sua compassione alla sfera delle relazioni umane e offrendo conforto e speranza in un mondo che, pur interconnesso, spesso aliena gli individui. Essi incarnano la perenne speranza umana per la connessione e la felicità, ricordandoci l’importanza dei legami significativi e la possibilità di trovare il nostro “buon legame” nella vita. La figura di Jizō, nella sua completezza, continua a offrire conforto di fronte alla perdita, all’incertezza e alla solitudine, incarnando l’ideale Mahayana dell’altruismo e dell’assistenza a tutti gli esseri senzienti.

Riferimenti bibliografici

Dobbins, R. (1989). Kōbō Daishi and the Development of Shingon Buddhism. State University of New York Press.

Reader, I. (1991). Religion in Contemporary Japan. Macmillan.

Stone, J. (1990). Original Enlightenment and the Transformation of Medieval Japanese Buddhism. University of Hawaii Press.

Teiser, S. F. (1994). The Scripture on the Ten Kings and the Making of Purgatory in Medieval Chinese Buddhism. University of Hawaii Press.

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