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Le Ama (海女): le donne dell’Oceano nella tradizione giapponese

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Le Ama (海女): le donne dell’Oceano nella tradizione giapponese

Introduzione
Le Ama (海女), letteralmente “donne del mare” o “donne dell’oceano”, rappresentano una delle tradizioni più affascinanti e resistenti della cultura giapponese. Queste pescatrici subacquee in apnea sono state custodi di una pratica millenaria, che affonda le sue radici nella preistoria del Giappone. Attraverso generazioni, le Ama hanno tramandato saperi legati alla raccolta di frutti del mare, mantenendo vive non solo tecniche artigianali ma anche una visione del mondo che intreccia natura, corpo femminile, spiritualità e resilienza.

Origini e sviluppo storico
La pratica delle Ama risale a oltre 2000 anni fa, con testimonianze che suggeriscono l’inizio della loro attività già nel periodo Jōmon (縄文時代, ca. 14.000–300 a.C.). Reperti archeologici, come strumenti per la raccolta di conchiglie e decorazioni in madreperla, suggeriscono la precoce esistenza di una forma di pesca in apnea prevalentemente praticata da donne.
Nel periodo Heian (平安時代, 794–1185), le Ama erano già riconosciute come esperte raccoglitrici di awabi (abalone, 鮑) e venivano incaricate di fornire questi preziosi molluschi alla corte imperiale e ai templi buddhisti. Il ruolo rituale dell’abalone come offerta agli dèi (神, kami) ha fatto delle Ama figure centrali anche in contesti religiosi.
Durante il periodo Edo (江戸時代, 1603–1868), la figura dell’Ama acquisì visibilità anche nella cultura visiva e letteraria. Le stampe ukiyo-e (浮世絵) di artisti come Kitagawa Utamaro (喜多川 歌麿), Utagawa Kuniyoshi (歌川 国芳) e Katsushika Hokusai (葛飾 北斎) le ritraggono spesso nude o semivestite, enfatizzandone non solo la sensualità ma anche la connessione intima e rispettosa con il mare.
Con l’avvento della coltivazione delle perle (養殖真珠, yōshoku shinju) ad opera di Mikimoto Kōkichi (御木本 幸吉) nel tardo XIX secolo, le Ama iniziarono a collaborare con le imprese perlifere, diventando figure iconiche del Giappone tradizionale e moderno allo stesso tempo.

Aspetti tecnici e tradizionali della pratica
Le Ama si immergono in apnea fino a 10-20 metri di profondità, senza l’ausilio di bombole o attrezzature moderne, trattenendo il respiro per un massimo di due minuti. Indossano tradizionalmente un fundoshi (褌, perizoma) e una tenugui (手拭い, pezzuola) sulla testa. In epoche più recenti, si è introdotta la muta in neoprene per proteggersi dal freddo, ma molte Ama anziane rifiutano tale modernizzazione.
Uno degli elementi più affascinanti della pratica è il cosiddetto isobue (磯笛, “fischio del mare”), un suono acuto prodotto durante l’espirazione al ritorno in superficie, che aiuta a eliminare l’anidride carbonica dai polmoni e regolarizzare la respirazione.
L’attività delle Ama è stagionale e soggetta alle maree. Tradizionalmente, le immersioni avvengono tra maggio e settembre, con due sessioni giornaliere di circa 90 minuti ciascuna. Le Ama si organizzano in cooperative locali (組合, kumiai), dove la conoscenza viene tramandata oralmente e attraverso la pratica diretta.

 

 

Importanza sociale e culturale
Nelle comunità costiere, soprattutto nelle prefetture di Mie (三重県), Wakayama (和歌山県) e Shima (志摩市), le Ama hanno avuto un ruolo economico e simbolico fondamentale. Esse non solo garantivano il sostentamento alimentare, ma costituivano un modello di autonomia femminile in un contesto patriarcale.
Le Ama rappresentano un’anomalia sociale nel panorama storico giapponese: donne che lavorano in gruppo, senza supervisione maschile, in un mestiere fisicamente impegnativo e spesso più redditizio di quello dei mariti. Tale indipendenza economica si rifletteva anche nella loro libertà personale: le Ama potevano ritardare il matrimonio, mantenere i propri guadagni e persino trasmettere il mestiere solo alle figlie.

 

 

 

Tuttavia, il loro numero ha subito un drastico calo nel XX e XXI secolo. Negli anni ’40 si contavano circa 6000 Ama attive, mentre oggi si stima che vi siano meno di 200 praticanti in tutto il Giappone, con solo 60-70 attive per generazione. Le cause includono:
• L’invecchiamento della popolazione rurale;
• L’abbandono della pratica da parte delle giovani generazioni;
• La concorrenza della pesca industriale e la diminuzione delle risorse marine;
• La trasformazione del turismo, che spesso strumentalizza l’immagine delle Ama.

 

 

Presenza nel mito, nella letteratura e nel cinema
Nella mitologia giapponese, le Ama compaiono in racconti come quello di Oben (お弁), un’Ama che offrì un prelibato abalone a Yamatohime-no-mikoto (倭姫命), una principessa leggendaria legata al culto del santuario di Ise (伊勢神宮). L’episodio simboleggia il valore rituale della raccolta marina e il rispetto verso la dedizione delle Ama.
In ambito letterario, le Ama sono apparse in racconti popolari, romanzi e poesia, spesso rappresentate come eroine romantiche o tragiche. La raccolta “Ama no Rekishi” (海女の歴史, “La storia delle Ama”) raccoglie testimonianze e racconti tramandati oralmente nel corso dei secoli.
Il cinema ha contribuito notevolmente alla diffusione dell’immagine delle Ama. Oltre al celebre film di James Bond “You Only Live Twice” (『007は二度死ぬ』, 1967), dove la protagonista Kissy Suzuki (キッシー・スズキ), interpretata da Mie Hama (浜 美枝), è un’Ama, vi sono numerosi film giapponesi, soprattutto tra gli anni ’50 e ’70, noti come “ama eiga” (海女映画, “film delle Ama”). Questi film spesso mescolavano erotismo, dramma e elementi etnografici.

 

Curiosità e riti tradizionali
• Le Ama considerano il mare un’entità viva e spirituale. Prima di ogni immersione, alcune di loro praticano riti shintoisti per chiedere protezione a Watatsumi (海神, divinità del mare).
• Esistono “capanne delle Ama” (海女小屋, ama-goya), dove le donne si riscaldano, cucinano e condividono storie. Queste capanne sono diventate attrazioni turistiche autentiche, in cui i visitatori possono ascoltare racconti e assaggiare piatti di mare.
• A Toba (鳥羽市), è stato istituito un Museo delle Ama, con reperti storici, fotografie e strumenti usati nel corso dei secoli.
• Nel 2014, l’UNESCO ha inserito la pratica delle Ama tra i patrimoni culturali da salvaguardare nella lista indicativa del Giappone.

Situazione attuale e prospettive
Oggi, le Ama sopravvivono soprattutto grazie a progetti di valorizzazione turistica e culturale. Alcune prefetture organizzano dimostrazioni pubbliche di immersione, in cui le visitatrici possono osservare da vicino la tecnica tradizionale. Tuttavia, molte Ama denunciano la superficialità di queste esibizioni, che rischiano di trasformare la loro pratica in folklore da cartolina.
Organizzazioni locali, università e ONG stanno collaborando per documentare, preservare e trasmettere le conoscenze delle Ama alle generazioni future. Alcuni progetti digitali raccolgono interviste, video e archivi orali, con l’obiettivo di creare una memoria collettiva resistente all’oblio.
In un mondo segnato dalla crisi ambientale e dalla perdita di biodiversità, le Ama ci ricordano la possibilità di un rapporto sostenibile, rispettoso e spiritualmente profondo con la natura marina. Il loro mestiere, oggi più che mai, ci parla di resilienza, comunità e identità femminile.

Glossario
Termine giapponese Traduzione / Significato
海女 (Ama) Donna del mare, pescatrice subacquea
縄文時代 (Jōmon jidai) Periodo Jōmon, preistoria giapponese
鮑 (Awabi) Abalone, mollusco marino
浮世絵 (Ukiyo-e) Stampa artistica del “mondo fluttuante”
褌 (Fundoshi) Perizoma tradizionale giapponese
手拭い (Tenugui) Panno di cotone usato per la testa
磯笛 (Isobue) “Fischio del mare”, tecnica di respirazione
組合 (Kumiai) Cooperativa, associazione di lavoratori
倭姫命 (Yamatohime-no-mikoto) Principessa leggendaria giapponese
伊勢神宮 (Ise Jingū) Grande santuario shintoista di Ise
海女映画 (Ama eiga) Film giapponesi sulle Ama
海女小屋 (Ama-goya) Capanna tradizionale delle Ama

Bibliografia
1. Dalby, L. (1983). Geisha. University of California Press.
2. Kalland, A. & Asquith, P. (1997). Japanese Images of Nature: Cultural Perspectives. Routledge.
3. Kikuchi, Y. (2015). “Ama: The Sea Women of Japan”, The Japan Times.
4. Mikimoto Pearl Museum. (n.d.). History of Pearl Diving. Mikimoto Co., Ltd.
5. Morita, M. (2004). Ama: A Historical Perspective on Japanese Women Divers. Tokyo University Press.
6. National Museum of Japanese History. (2020). Ama and the Sea: A Cultural Archive.
7. Suganuma, Y. (2017). Revisiting Ama: Gender, Labor and Ecology in Coastal Japan. Journal of Maritime Anthropology.
8. UNESCO Intangible Cultural Heritage List – Japan (2014).

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